La responsabilità di chi comunica parte da una comunicazione essenziale e credibile in quanto autentica.
La responsabilità di chi comunica parte da una comunicazione essenziale e credibile in quanto autentica.
Durante i lockdown, le giornate erano accompagnate dalla richiesta di ritorno all’essenziale, domanda importante che col normalizzarsi della situazione si sta dimenticando e che però non va dispersa, ma colta nella sua interezza e profondità. In tempo di pandemia, è emerso anche che la comunicazione è importante per la condivisione e le relazioni umane. Si può dire, dunque, che oggi occorra una comunicazione essenziale, credibile in quanto autentica e con fondamenta salde. Parte da qui la responsabilità di chi comunica, anche con il proprio account social.
Lo ha scritto Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, nel suo contributo intitolato “Per un nuovo stile di comunicazione” alle linee guida per la catechesi in Italia per l’anno pastorale 2021-2022 Artigiani di comunità, elaborate dall’Ufficio catechistico nazionale della Conferenza dei vescovi.
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Nel suo intervento, sono proposti, tra l’altro, dieci consigli pratici per un buon uso dei social network. Eccoli:
1) non approcciarsi ai social con le logiche degli influencer;
2) puntare alla costruzione della comunità più che alla divisione in tifoserie;
3) non sottovalutare mai l’importanza del linguaggio;
4) non utilizzare parole che raccontano solo il proprio ego;
5) usare i social con maturità umana;
6) far tesoro della ricchezza della propria spiritualità;
7) essere originali nella fede;
8) ricordare sempre di avere un’unica identità;
9) abitare i social significa studiarli;
10) impegnarsi per una formazione continua e permanente.
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