Comunità energetiche: le tariffe incentivanti e i requisiti per ottenerle

Il decreto del Ministero dell’Ambiente regolamenta le modalità di incentivazione dell’energia autoconsumata nelle CER.

Tra le vie per promuovere lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili (CER) in Italia, il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica entrato in vigore il 24 gennaio 2024 (clicca qui per saperne di più) individua «le modalità di incentivazione per sostenere l’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile [CACER]». Questi incentivi si applicano a impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, appartenenti a CACER nel rispetto di una serie di requisiti. Innanzitutto, le CER devono risultare «già regolarmente costituite alla data di entrata in esercizio degli impianti che accedono al beneficio» e i relativi impianti di produzione e punti di prelievo devono essere «connessi alla rete di distribuzione tramite punti di connessione facenti parte dell’area sottesa alla medesima cabina primaria (fermo restando quanto disposto per le isole minori)».

I singoli impianti, o gli interventi di potenziamento, possono avere una potenza nominale massima non superiore a 1 MW e devono rispettare determinati requisiti prestazionali, costruttivi, di tutela ambientale e di sostenibilità (per quelli entrati in esercizio prima del 24 gennaio 2024 dovrà essere prodotta una documentazione sottoscritta in data anteriore a quella di entrata in esercizio dalla quale si ricavi che siano stati realizzati ai fini del loro inserimento in una CER). Le CACER, poi, devono assicurare, ad esempio nello statuto, che «l’eventuale importo della tariffa premio eccedentario, rispetto a quello determinato in applicazione del valore soglia di quota energia condivisa [pari al 55% nei casi di accesso alla sola tariffa premio e al 45% in quelli di cumulo della tariffa premio con un contributo in conto capitale, su base annuale], sia destinato ai soli consumatori diversi dalle imprese e\o utilizzato per finalità sociali aventi ricadute sui territori ove sono ubicati gli impianti per la condivisione».

Le tariffe incentivanti sull’energia autoconsumata sono di due tipi. Una è calcolata sull’energia prodotta da fonti di energia rinnovabili (FER) e autoconsumata virtualmente dai membri della CER. Viene riconosciuta, per un periodo di venti anni dalla data di entrata in esercizio dell’impianto, dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), che si occupa anche del calcolo dell’energia autoconsumata virtualmente. È costituita da una parte fissa, che cambia a seconda della potenza dell’impianto, e una variabile, legata al prezzo di mercato dell’energia (al diminuire del prezzo di mercato dell’energia la parte variabile aumenta fino ad arrivare al massimo a 40 €/MWh).

Siccome la capacità produttiva degli impianti fotovoltaici varia a seconda della localizzazione, sono previste delle maggiorazioni tariffarie a seconda della regione: 4 €/MWh per Lazio, Marche, Toscana, Umbria, Abruzzo; 10 €/MWh per Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto. Il GSE, poi, assegna alla CER «un corrispettivo di valorizzazione per l’energia autoconsumata», determinato annualmente dall’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA), sulla base della quantità di energia autoconsumata (nel 2023 era pari a 8,48 €/MWh). Inoltre, tutta l’energia elettrica rinnovabile prodotta ma non autoconsumata resta nella disponibilità dei produttori e, se immessa in rete a seguito di richiesta al GSE, può essere valorizzata a condizioni di mercato.

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