Dentro l’università, fuori dal carcere

Progetto innovativo e controcorrente di accompagnamento educativo per minori autori di reato

Un progetto innovativo in Italia accoglie otto giovani in messa alla prova presso l’Università Cattolica di Brescia. Attraverso corsi, trekking, gruppi di parola e supporto psicologico, si sperimenta un nuovo modello educativo.

L’iniziativa, denominata “Messa alla prova in Università”, mira a spostare l’esperienza della giustizia minorile da contesti punitivi a spazi di crescita e apprendimento. Non si tratta di un semplice parcheggio sociale, ma di un ambiente che promuove relazioni significative e opportunità di sviluppo personale.
L’obiettivo è duplice: fornire ai ragazzi un’opportunità di cambiamento e validare un modello educativo replicabile. I risultati sono stati incoraggianti, con i partecipanti che hanno mostrato impegno e risorse inaspettate. La comunità locale ha risposto positivamente, attivando collaborazioni con scuole e associazioni.

I ragazzi coinvolti, provenienti da diverse realtà sociali e familiari, erano tutti in un percorso di messa alla prova stabilito dal Tribunale per i Minorenni. La selezione non si è basata sui talenti, ma sulla necessità di supporto. L’università, come luogo di eccellenza, offre un’opportunità di inclusione e appartenenza.
Il progetto ha previsto un accompagnamento personalizzato, con un Piano Educativo Individualizzato per ciascun partecipante. Le attività includevano corsi di lingua, alfabetizzazione informatica e supporto alla ricerca, affiancati da psicoterapeuti che hanno fornito un sostegno continuo.

Un momento significativo è stato il trekking terapeutico sul lago di Garda, che ha permesso ai ragazzi di riflettere e dialogare con se stessi, superando iniziali scetticismi. Attraverso attività interattive, i partecipanti hanno esplorato le emozioni legate ai loro comportamenti, iniziando a comprendere l’impatto delle loro azioni sugli altri.

Al termine del percorso, sono emerse quattro parole chiave: giustizia, inclusione, sostenibilità e riparazione. Questi concetti riflettono il desiderio di riconoscimento e la volontà di ricominciare.

Il progetto, concluso dopo un anno, ha lasciato un segno nella comunità, con molteplici offerte di collaborazione da parte di cittadini e associazioni. Si auspica che questa esperienza possa trasformarsi in un modello più ampio, evidenziando l’importanza di un approccio umano e trasformativo nella giustizia minorile.

articolo tratto da Famiglia Cristiana