150 anni fa il Concilio Vaticano I prese una decisione storica promulgando la costituzione Pastor Aeternus.
150 anni fa il Concilio Vaticano I prese una decisione storica promulgando la costituzione Pastor Aeternus.
Centocinquant’anni fa, precisamente il 18 luglio 1870, al Concilio Vaticano I presieduto da papa Pio IX fu promulgata la costituzione Pastor Aeternus, con la quale vennero definiti due dogmi della Chiesa cattolica riferiti al papa, ovvero il suo primato di giurisdizione e la sua infallibilità. Ecco le parole usate nel documento originale:
«Proclamiamo […] ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore in modo immediato e diretto.»
«[…] Proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani […], gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi.»
Una decisione storica, che portò a forti reazioni contrarie sia da parte di nazioni europee che all’interno della Chiesa stessa, dove diede vita a uno scisma. Essa fu presa in un periodo molto difficile per la cristianità. Quando il Concilio Vaticano I si aprì a San Pietro l’8 dicembre 1869, si stava affermando sempre più la sovranità delle nazioni; il nuovo Regno d’Italia stava espropriando i beni ecclesiastici e laicizzando lo Stato; la cultura razionale e liberale guidava le scelte politiche e culturali; una parte della struttura ecclesiastica non aveva ancora accettato la proclamazione del dogma dell’Immacolata concezione avvenuta nel 1854.
Così, papa Pio IX, rafforzato dal crescente consenso interno, decise che era giunto il momento di ribadire nella forma più solenne le verità cristiane. La Pastor Aeternus fu approvata dopo sfibranti trattative tra le varie anime della Chiesa, ma alla fine ottenne il voto favorevole di cinquecentotrentacinque vescovi, con due contrari e sessanta usciti dall’aula. La decisione fu presa appena due mesi prima dell’ingresso a Roma, attraverso la breccia di Porta Pia, delle truppe piemontesi, ovvero quando fu posto termine al potere temporale dei papi. Su Avvenire, Carlo Fantappiè, docente di storia del diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana, spiega:
«[La costituzione dogmatica] rappresentò il coronamento di un processo di verticalizzazione interna alla Chiesa, dall’età gregoriana al Concilio di Trento, dopo la sconfitta delle tesi conciliariste intorno al primato del Concilio sul Papa e la consacrazione delle sue prerogative magisteriali dopo secolari discussioni intorno alla infallibilità del Papa. […] Il conflitto fra Stati e Chiesa romana si venne a focalizzare sul problema della sovranità e dell’appartenenza dei fedeli alla Chiesa o alla nazione. Pio IX volle affermare la sovranità spirituale della Chiesa con i due dogmi del Vaticano I contro la sovranità temporale degli Stati che assoggettavano le strutture della Chiesa ai poteri secolari e minacciavano lo Stato pontificio».
Comunque, fondamentale rimane la scelta dei padri conciliari di restringere l’infallibilità del pontefice a quando egli parla ex cathedra, nella veste di pastore e dottore di tutti i cristiani, riguardo alla dottrina in materia di fede e di costumi. Così facendo, lasciarono lo spazio all’idea che anche un papa quando esprime una semplice opinione può errare.
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