Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23-26
Se lo sapessimo davvero, se lo avvertissimo sempre presente e vivo accanto a noi, a soffiarci dentro forza e coraggio, a calmare la nostra angoscia, a carezzare le nostre ferite: il Consolatore, me lo immagino così, chino su di me a sussurrarmi parole di tenerezza, come quelle di una mamma che rialza il suo bimbo caduto, e che soffia sul ginocchio sbucciato dicendo: “Vieni, piccolo mio, ci sono qua io.” E che mi abbraccia. Allora sì che mi sento sicuro e al riparo, anche se il ginocchio mi fa un po’ male: quel graffio di dolore sfuma nel sentirmi amato.
Invece ce ne ricordiamo solo oggi, e giusto solo per un paio d’ore, che esiste Qualcuno “con noi per sempre”: un resto di cielo che non abbandona, un lembo di Dio che ci protegge. Mette solo una condizione Gesù: “Se mi amate…” e lo dice ai suoi che lo avevano tradito, che non erano stati capaci di vegliare con Lui nel Getsemani, che se ne erano scappati impauriti dopo la sua morte.
L’amore fa così, ricomincia sempre. Ricomincia daccapo, nonostante tutte le delusioni e i fallimenti. L’Amore rilancia l’amore, lo rende ancora possibile, sempre, in un circolo infinito, in una torsione che dilata i cuori e li espande, affinché, quegli stessi cuori, possano riconoscere la tenerezza dell’essere amati. Lo Spirito che ci promette oggi Gesù viene ad insegnarci le infinite occasioni dell’amore, le sue inesauribili forme, la sua vita incessante, che lascia sorpresi, sbalorditi. Come gli apostoli a bocca aperta, travolti da quel fiume straripante di vita che è il loro Maestro.
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Don Luigi Verdi
Sette settimane dopo la Pasqua – il cinquantesimo giorno – è la Pentecoste. Era l’antica festa dell’alleanza: Israele arrivò al Sinai cinquanta giorni dopo l’uscita dall’Egitto e in quella data festeggiava il patto con Dio. In una festa di Pentecoste lo Spirito Santo scese sugli apostoli e la Chiesa venne alla luce: uscì all’aperto e cominciò ad annunciare il Vangelo. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano questo evento che ha dato origine alla missione della Chiesa. Il brano del Vangelo ripropone un brano molto denso dei discorsi di addio di Giovanni. I passi in cui Gesù parla dello Spirito consolatore si inseriscono in un preciso contesto esistenziale: il tempo della Chiesa con i suoi problemi e i suoi interrogativi, l’odio del mondo, la persecuzione, l’incredulità che perdona.
Alla luce di questo contesto si comprendono bene i tre compiti fondamentali che il quarto evangelista assegna allo Spirito: conservare fedelmente la memoria di Gesù, la comprensione interiore e personale della sua Parola, il coraggio della testimonianza. Nel nostro passo specifico un’idea forte – forse la più importante – è che la condizione per accogliere lo Spirito è l’amore a Gesù («Se mi amate, osserverete i miei comandamenti»), l’ascolto della sua Parola e l’osservanza dei comandamenti. Tre cose, dunque, molto concrete e persino verificabili. Se mancano queste tre condizioni non c’è alcun spazio per lo Spirito.
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don Gianni Carozza
Domenica di Pentecoste
Anno C
Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23-26
Se lo sapessimo davvero, se lo avvertissimo sempre presente e vivo accanto a noi, a soffiarci dentro forza e coraggio, a calmare la nostra angoscia, a carezzare le nostre ferite: il Consolatore, me lo immagino così, chino su di me a sussurrarmi parole di tenerezza, come quelle di una mamma che rialza il suo bimbo caduto, e che soffia sul ginocchio sbucciato dicendo: “Vieni, piccolo mio, ci sono qua io.” E che mi abbraccia. Allora sì che mi sento sicuro e al riparo, anche se il ginocchio mi fa un po’ male: quel graffio di dolore sfuma nel sentirmi amato.
Invece ce ne ricordiamo solo oggi, e giusto solo per un paio d’ore, che esiste Qualcuno “con noi per sempre”: un resto di cielo che non abbandona, un lembo di Dio che ci protegge. Mette solo una condizione Gesù: “Se mi amate…” e lo dice ai suoi che lo avevano tradito, che non erano stati capaci di vegliare con Lui nel Getsemani, che se ne erano scappati impauriti dopo la sua morte.
L’amore fa così, ricomincia sempre. Ricomincia daccapo, nonostante tutte le delusioni e i fallimenti. L’Amore rilancia l’amore, lo rende ancora possibile, sempre, in un circolo infinito, in una torsione che dilata i cuori e li espande, affinché, quegli stessi cuori, possano riconoscere la tenerezza dell’essere amati. Lo Spirito che ci promette oggi Gesù viene ad insegnarci le infinite occasioni dell’amore, le sue inesauribili forme, la sua vita incessante, che lascia sorpresi, sbalorditi. Come gli apostoli a bocca aperta, travolti da quel fiume straripante di vita che è il loro Maestro.
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Don Luigi Verdi
Sette settimane dopo la Pasqua – il cinquantesimo giorno – è la Pentecoste. Era l’antica festa dell’alleanza: Israele arrivò al Sinai cinquanta giorni dopo l’uscita dall’Egitto e in quella data festeggiava il patto con Dio. In una festa di Pentecoste lo Spirito Santo scese sugli apostoli e la Chiesa venne alla luce: uscì all’aperto e cominciò ad annunciare il Vangelo. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano questo evento che ha dato origine alla missione della Chiesa. Il brano del Vangelo ripropone un brano molto denso dei discorsi di addio di Giovanni. I passi in cui Gesù parla dello Spirito consolatore si inseriscono in un preciso contesto esistenziale: il tempo della Chiesa con i suoi problemi e i suoi interrogativi, l’odio del mondo, la persecuzione, l’incredulità che perdona.
Alla luce di questo contesto si comprendono bene i tre compiti fondamentali che il quarto evangelista assegna allo Spirito: conservare fedelmente la memoria di Gesù, la comprensione interiore e personale della sua Parola, il coraggio della testimonianza. Nel nostro passo specifico un’idea forte – forse la più importante – è che la condizione per accogliere lo Spirito è l’amore a Gesù («Se mi amate, osserverete i miei comandamenti»), l’ascolto della sua Parola e l’osservanza dei comandamenti. Tre cose, dunque, molto concrete e persino verificabili. Se mancano queste tre condizioni non c’è alcun spazio per lo Spirito.
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don Gianni Carozza