Ma il loro contributo non è ugualmente riconosciuto a causa di aspettative di genere, relazioni di potere e disuguaglianza dei diritti.
Ma il loro contributo non è ugualmente riconosciuto a causa di aspettative di genere, relazioni di potere e disuguaglianza dei diritti.
Tra i quasi 272 milioni di migranti internazionali del 2019, il 48% erano donne. In particolare, sono state il 52% in Nord America, il 51% Europa, il 47% nell’Africa subsahariana, il 36% in Nord Africa e Asia occidentale. Secondo i dati di Eurostat, nell’Unione Europea le donne di paesi terzi hanno raggiunto la quota di 1 milione nel 2015 e un numero leggermente inferiore nel 2017, quando rappresentavano il 46% del totale degli immigrati. Il trend è quindi in crescita.
Nel documento di approfondimento Genere e migrazioni, uscito nell’ambito del progetto Volti delle Migrazioni di Focsiv, si parte da questi dati per sottolineare che, sebbene le donne migrino tanto quanto gli uomini, le loro competenze e il loro contributo non sono ugualmente riconosciuti. Le aspettative di genere, le relazioni di potere e la disuguaglianza dei diritti portano, oltre al maggiore rischio di tratta e sfruttamento sessuale, a situazioni in cui esse sono impossibilitate a lavorare o limitate a lavori ritenuti femminili, che spesso sono pagati e valutati meno di altri.
Secondo le Nazioni Unite, la maggior parte delle donne migra volontariamente per migliorare il benessere della propria famiglia e il proprio stato sociale, ma spesso anche questo è legato alla presenza nei territori d’origine di conflitti, disuguaglianze di genere, disastri naturali e persecuzioni. Purtroppo, la disuguaglianza di genere è uno di quei fattori comuni sia nei paesi di provenienza che in quelli di accoglienza. Infatti, anche se la migrazione può rappresentare comunque un cambiamento positivo, emigrare in una nazione sviluppata potrebbe risolversi in una nuova fase di sfruttamento, legata in particolare ai lavori di assistenza e cura di anziani, disabili e bambini.
Anche nella tratta di esseri umani le donne costituirebbero circa la metà delle persone coinvolte. In un’indagine su 120.000 donne migranti nel 2016, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha scoperto che lo sfruttamento delle donne nel traffico di esseri umani rappresenta il 45% del totale. In generale, la donna rischia quindi più degli uomini di trovarsi allo stesso punto di partenza come quando era nel suo paese d’origine.
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