L’educatore professionale in oratorio di fronte alle nuove esigenze pastorali

Al 3º Happening degli Oratori è stato presentato un documento per riflettere su questa figura in un oratorio che deve fare spazio al nuovo.

Durante la 3ª edizione dell’Happening degli Oratori, che si è tenuto a Molfetta dal 4 al 6 settembre 2019, è stato presentato il documento La figura dell’educatore professionale in oratorio, preparato dal Servizio per la Pastorale Giovanile e dall’Ufficio per gli Affari Giuridici della Segreteria generale della CEI con il contributo del TECO – Tavolo Educatori Cooperative Oratorio. Il testo non è normativo, ma vuole essere una serie di appunti che aiutino a riflettere su come comportarsi a fronte delle nuove esigenze pastorali, tenendo conto delle sollecitazioni provenienti dal mondo degli oratori e delle cooperative che offrono servizi educativi.

Questi appunti possono rappresentare un punto di riferimento importante alla luce di ciò che sta già avvenendo in molte Diocesi e che potrebbe avvenire in quei territori che sono interessati ad affrontare il tema. Essi prendono in esame i temi del senso dell’oratorio, degli snodi pastorali della questione, dell’ingaggio di un educatore professionale e della forma contrattuale.

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Don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di Pastorale giovanile, ha dichiarato ad Avvenire: «La professionalità educativa è una risorsa necessaria alla dotazione normale di un oratorio. Alzare le competenze educative e dare a esse continuità e intelligenza è un dovere. Non è più possibile affidarsi soltanto alla buona volontà del volontariato. Figure di educatori stabili e competenti vanno considerate come un investimento importante per la vita dei ragazzi».

Nuove prospettive, dunque, come indicato dal tema dell’Happening degli Oratori, a cui hanno partecipato cinquecento giovani di sessanta tra diocesi e realtà associative: “Facciamo fuori l’oratorio. Oratori in uscita”. L’attualità della proposta spinge le comunità a trovare modi sempre nuovi per affacciarsi fuori dai cancelli dei cortili delle parrocchie e incontrare i giovani e le loro realtà di vita.

All’Agenzia S.I.R. don Falabretti ha spiegato la scelta: «Il rischio che vogliamo correre […] è tutto nel tema scelto. “Fare fuori” nel senso di aprirsi verso ciò che ci aspetta al di là della porta del nostro oratorio, che a volte corre il rischio di essere semplicemente un curato circolo ricreativo. “Fare fuori” anche nel senso di lasciar andare qualcosa per fare spazio al nuovo, ben consapevoli che non si tratta di demolire quello che c’è o quello che facciamo, ma di mettere in conto la possibilità che qualcosa nelle nostre pratiche, nel nostro stile, nella nostra formazione, vada ripensato».

A conclusione dell’esperienza di Molfetta, è stata realizzata una video-lettera indirizzata a tutti i giovani, alle comunità e ai vescovi con le speranze e le attese per un percorso che porti tutti “fino in cima”.