Educazione affettiva e sessuale, gli educatori partano dalle esperienze dei giovani

Dopo due anni di ascolto e riflessione i salesiani hanno pubblicato il sussidio “Una pastorale giovanile che educa all’amore”.

Gli educatori possono solo osservare come le generazioni più giovani abitano la dimensione affettiva e sessuale e partire da ciò per ulteriori esplorazioni e scoperte, accogliendo e giudicando senza comunque rinunciare all’ideale. Lo ha affermato don Miguel Angel Garcìa Morcuende, consigliere generale per la Pastorale giovanile dei salesiani e autore assieme alla psicologa Antonella Sinagoga del libro Una pastorale giovanile che educa all’amore, un sussidio nato dopo due anni di ascolto, sintesi e riflessione per offrire uno strumento aggiornato in grado di sistematizzare i concetti e gli atteggiamenti legati a questo ambito delicato.

«Il ruolo dell’educazione affettiva e sessuale è ancora più cruciale per sfatare i miti, ridurre le distorsioni cognitive e, soprattutto, accompagnare i giovani sulla strada dell’autenticità», discernendo in modo equilibrato la realtà di un fenomeno complesso che ha anche aspetti positivi, dice don Garcìa Morcuende. Il testo parte proprio dalla comprensione senza ambiguità dei termini, dei concetti e dei modelli oggi diffusi tra ragazzi e ragazze, perché «Per accompagnare, è sempre necessario avere un atteggiamento di rispettosa e totale accettazione del giovane, vale a dire avere un’apertura». Come per Gesù nel Vangelo, l’incontro dev’essere basato sull’amore privo di giudizio e condanna, lasciando che la persona esprima ciò che sente nel suo intimo.

Dall’esperienza con gli adolescenti si può imparare che «non è tanto quello che noi adulti diciamo che lascia un segno su di loro, ma come li accompagniamo nell’affrontare le loro domande più profonde, non solo quelle esplicite, ma anche quelle implicite, che non possono formulare da soli». Per questo, la prima sfida educativa è avvicinarsi a loro evitando l’invisibilità e il silenzio, che portano a sofferenze e pregiudizi. In particolare, gli educatori devono prepararsi meglio ad affrontare le problematiche legate a ciò che viene visto come diverso, per le quali non bastano le buone intenzioni, ma occorre una formazione equilibrata, scientifica e aggiornata, sensibile sia alla cultura attuale che al messaggio cristiano.

Nel caso specifico delle situazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere, ad Avvenire don Garcìa Morcuende dice che «È riduzionismo sostenere che si tratta di un orientamento che viene semplicemente scelto con un atto di volontà, indipendentemente dalle evidenze biografiche genetiche, ormonali, gonadiche o cerebrali». Non bisogna dunque pensare al fatto che queste condizioni siano solo capricci o mode, perché c’è il rischio che il giovane si senta sbagliato o impuro. In generale, l’educatore cristiano deve aiutare i ragazzi e le ragazze a percepire i propri sentimenti e a comprendere la propria sessualità per integrarla nella pienezza della loro esistenza.