Negli inferi della storia sono emersi testimoni di speranza e il confronto delle loro esperienze aiuta a capire l’attualità. Parte 6: Dietrich Bonhoeffer
Negli inferi della storia sono emersi testimoni di speranza e il confronto delle loro esperienze aiuta a capire l’attualità. Parte 6: Dietrich Bonhoeffer
1. La famiglia
Dietrich Bonhoeffer nasce a Breslavia (oggi Wroclaw in Polonia) il 4 febbraio 1906, sesto di otto figli. Sua madre, Paula von Hase, è figlia di un professore di teologia. Suo padre, Karl Bonhoeffer, è professore di psichiatria e neurologia, proviene da una famiglia di giuristi e teologi. La madre si assume in prima persona l’insegnamento primario dei suoi figli maggiori. Anche se la famiglia non frequenta assiduamente il culto nella parrocchia luterana, tuttavia la madre si preoccupa di educare i figli al protestantesimo con la preghiera, il canto corale e la lettura della Bibbia in famiglia. Tutti ricevono anche una formazione musicale e Dietrich diventa un validissimo pianista, tanto che per un certo periodo i genitori lo incoraggiano ad intraprendere la carriera musicale. Nel 1912 il padre viene chiamato ad insegnare all’ospedale della Carità a Berlino. La famiglia così si trasferisce nella capitale presso “il quartiere dei professori”. Dietrich quindi riceve un’educazione da intellettuale pienamente integrato nella borghesia colta di Berlino. Cresce in un ambiente famigliare laico, aperto, ma poco incline alla pratica religiosa, e non favorevole all’ascesa del nazismo, che considera una catastrofe per la Germania e per l’Europa.
2. Gli anni dell’università
Dietrich è uno studente diligente, brillante e precoce. A sedici anni, ancora liceale, comunica ai genitori il desiderio di studiare teologia e di sentire la vocazione al ministero di pastore. Così nel 1923 Dietrich inizia gli studi di teologia a Tubinga. Nel 1927, a 21 anni, consegue il dottorato con una tesi dal titolo Sanctorum communio. Una ricerca dogmatica sulla sociologia della Chiesa. Si tratta di una ricerca dogmatica sulla Chiesa come luogo concreto della manifestazione di Dio. Al giovane luterano interessa la Chiesa come realtà irrinunciabile per un vissuto di fede reale e concreto; perciò coniuga in modo dialettico teologia dogmatica e sociologia, la confessione della fede e l’attenzione al vissuto concreto. Questo interesse per la riflessione teologica sulla Chiesa e sull’ecumenismo sorse in lui in seguito ad un viaggio fatto nella Roma cattolica nel 1924 e maturò in seguito visitando e soggiornando in alcuni monasteri cattolici della Germania e dell’Inghilterra. Per lui il tema della Chiesa e dell’ecumenismo resteranno il suo tema, il filo conduttore della sua riflessione da qui alla fine della sua vita.
3. Pastore, formatore, docente di teologia
Portati a compimento gli studi universitari, Bonhoeffer si dedica al ministero pastorale: per un anno, dal 1928-1929, è pastore vicario nella parrocchia di lingua tedesca a Barcellona, in Spagna. Qui, oltre alle attività di cura pastorale della comunità, gli vengono richieste delle conferenze su temi etici. In una di queste conferenze (il 25 gennaio 1929) il giovane pastore Bonhoeffer rivela la sua mentalità nazionalista e una convinzione bene radicata a favore della teologia della guerra giusta, la quale, per la difesa del proprio popolo, giustifica l’assassino del nemico. Sotto traccia si avverte qui l’eco di quel risentimento tedesco nei confronti del trattato di Versailles, stipulato nella conferenza di pace di Parigi (1919), il quale, dichiarando la Germania e i suoi alleati responsabili della prima guerra mondiale (1915-1918), impone alla Germania pesanti sanzioni.
Ecco un breve passaggio di quella conferenza a Barcellona, dove il pacifismo viene respinto e la guerra difensiva viene giustificata dalla situazione concreta – certo non senza avvertirne il dramma: «La decisione, qualunque essa sia, mi contaminerà con il mondo e le sue leggi; prenderò le armi nella terribile consapevolezza di fare qualcosa di orribile, ma di non poter fare altrimenti; difenderò mio fratello, mia madre, il mio popolo, pur sapendo che questo avverrà solo versando del sangue, ma l’amore per il mio popolo giustificherà l’assassinio, giustificherà la guerra; […] cercherò di amare il nemico – contro il quale mi sono impegnato per la vita o per la morte – come solo un cristiano può amare il fratello, e tuttavia dovrò fare nei suoi confronti ciò che mi comandano l’amore e la gratitudine verso il mio popolo, quello in cui Dio mi ha fatto nascere».
Nel 1930 Bonhoeffer ritorna a Berlino. Qui si dedica alla formazione di un gruppo di adolescenti poveri del quartiere periferico di Wedding e nel contempo insegna teologia sistematica, segue il seminario di von Harnack, il grande storico del dogma, e redige la sua tesi di abilitazione su un tema filosofico, Atto ed Essere. Filosofia trascendentale ed ontologia nella teologia sistematica, dove si pone alla ricerca di una antropologia ecclesiale, ovvero dell’esistenza umana inserita in quel particolare contesto rappresentato dalla comunità ecclesiale, luogo d’incontro degli uomini e del Dio di Gesù Cristo. Ancora troppo giovane per essere consacrato pastore e presiedere una parrocchia, Bonhoeffer viene inviato a trascorrere un anno negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio. Vi risiede dal settembre del 1930 al giugno del 1931.
Qui coltiva numerose amicizie, anche ecumeniche; prende coscienza dell’importanza della teologia nera americana; ascolta i negro spiritual; scrive sul movimento del Social gospel, sulla teologia della crisi, su temi di letteratura, su questioni etiche e politiche. Tiene diverse conferenze a New York, fra cui una, rimasta memorabile, sulla guerra e sulla pace. Va notato che su questo tema le sue convinzioni nazionalistiche e sulla guerra giusta sono già notevolmente cambiate, grazie all’incontro e all’amicizia fraterna con il pastore francese Jean Lasserre, che lo converte al pacifismo radicale motivato su solide basi evangeliche ed etiche.
Ecco alcuni passaggi della predicazione su 1Gv 4,16 che Bonhoeffer tiene in una chiesa di New York:«[…] Dio ha posto nel mondo un singolare, sorprendente e meraviglioso segno, nel quale ci possiamo trovare tutti – intendo la croce di Gesù Cristo, la croce dell’amore sofferente di Dio. Sotto la croce di Cristo sappiamo di essere in stretto legame reciproco, di essere tutti fratelli e sorelle, con le stesse miserie e speranze […]. Se mi si chiede: “Che cos’è il cristianesimo?”. Io rispondo: il cristianesimo è la grande comunità di uomini che si umiliano davanti a Dio e ripongono tutta la loro fede e speranza nell’amore e nell’aiuto di Dio. Cristianesimo è la comunità in cui ognuno è responsabile per l’altro, come un fratello per il fratello. […] Da quando ero ragazzo mi sono abituato a fare una volta all’anno un giro a piedi per il nostro paese, e per questo conosco abbastanza bene molti gruppi tedeschi.
Molte volte la sera mi sono seduto con famiglie di contadini intorno alla grande stufa, per parlare del passato e del futuro, della prossima generazione e delle sue prospettive. Ma sempre tutte le volte che la conversazione per caso toccava la guerra, ho osservato quanto fosse profonda la ferita lasciata in ognuno dall’ultima guerra. I tedeschi hanno bisogno e vogliono prima di tutto la pace. Come pastore cristiano credo che questo sia uno dei maggiori compiti più grandi della nostra chiesa: sostenere il lavoro per la pace in tutti i paesi e nel mondo intero. Non è più ammissibile che un popolo cristiano combatta contro un altro popolo cristiano, fratello contro fratello, poiché entrambi hanno uno stesso Padre […]. Voi avete fratelli e sorelle nel nostro popolo e in ogni popolo: non dimenticatelo. Qualunque cosa accada non dobbiamo mai più dimenticare che il popolo di Dio è un solo popolo cristiano, che se noi siamo uniti, nessun nazionalismo, nessun odio di razza o di classe potrà realizzare i suoi disegni, e allora il mondo conoscerà la pace per sempre».
Sembra un discorso tenuto per noi oggi. Nel 1934, soggiornando a Berlino, Bonhoeffer si programmerà un viaggio in India per conoscere più da vicino la prassi nonviolenta di Gandhi. Questo progetto, però, non si realizzerà, perché altri impegni lo attenderanno in Germania.
4. Un cristiano, teologo e pastore militante
Torniamo al 1931. Nell’estate di quell’anno Bonhoeffer parte dagli Stati Uniti per fare ritorno in Germania. Da questo momento inizia la seconda fase della sua vita, ovvero la sua “conversione” da teologo accademico a cristiano, pastore e teologo militante. Il 15 novembre 1931, a 25 anni è consacrato pastore a Berlino nella chiesa di S. Matteo. La sua attività si orienta fondamentalmente su tre centri di interesse:
– la chiesa: è cappellano degli studenti universitari e segue un gruppo di catecumeni nei quartieri popolari e periferici di Wedding e di Prenz-lauer Berg; si deve tenere presente che nel 1932 ci sono in Germania più di sei milioni di disoccupati;
– l’università: come docente incaricato tiene alcuni corsi e seminari su varie discipline filosofiche e teologiche, tra cui su “La natura della Chiesa” (è un corso di ecclesiologia), “Creazione e caduta” (è un commento a Gen 1-3), “Chi è e chi era Gesù Cristo?” (è un corso di cristologia). Questi corsi e seminari esercitarono un grande interesse tra gli studenti;
– il movimento ecumenico: partecipa attivamente a varie iniziative e organizzazioni ecumeniche. Per lui l’ecumenismo non è una semplice collaborazione o dialogo tra le Chiese, ma un compito confessante, ovvero quello di confessare la fede nella situazione concreta in cui si vive, in cui si trova ogni Chiesa locale. E non bisogna dimenticare che a quel tempo la Chiesa protestante e la Chiesa cattolica vivevano il problema dell’odio razziale di Hitler, della guerra e dello sfruttamento sociale. L’ecumenismo per Bonhoeffer è il movimento critico del vangelo di fronte agli eventi concreti della società e della chiesa; e in quel tempo gli eventi sono segnati dall’avvento del nazismo al governo, con la Chiesa protestante e in parte la Chiesa cattolica schierati a favore.
In questi anni Bonhoeffer coltiva la dimensione personale della fede, riscoprendo la potenza della Bibbia e la forza della preghiera per alimentare sempre meglio i suoi molteplici impegni: per la pace, per l’ecumenismo, per la giustizia, e per il suo ministero pastorale accanto ai catecumeni del quartiere operaio. Si va convincendo che la fede cristiana non è cercare Dio senza il mondo o difendere Dio contro il mondo, ma stare con fedeltà in questo mondo benedetto da Dio, essere accanto a tutti pregando perché giunga il Regno di Dio in questa terra. Il 30 gennaio 1933 Hitler è nominato cancelliere, primo ministro della Germania. L’avvento del nazismo al governo purtroppo è diventato realtà. La Chiesa protestante e la Chiesa cattolica, salvo alcune eccezioni, appoggiano la politica di Hitler, con la speranza di vedere superata la disoccupazione e allontanata la minaccia del comunismo. Si pensava che Hitler avrebbe comunque garantito ordine, pace sociale e ridato dignità alla Germania. Ma la famiglia Bonhoeffer non si fa alcuna illusione: con Hitler soltanto guerra e terrore.
Il 1° febbraio 1933 Dietrich è chiamato a pronunciare una conferenza alla radio di Berlino sul tema “Mutamenti del concetto di capo nella giovane generazione”, dove mette in risalto il concetto idolatrico e seduttore di capo, di Führer. La trasmissione viene subito interrotta. Il 28 febbraio vengono sospesi tutti i diritti della persona, la libertà di stampa, il segreto della corrispondenza epistolare e del telefono. La motivazione è «per la protezione del popolo e dello Stato». In aprile il governo promulga il boicottaggio dei negozi ebrei, la proibizione di ogni funzione pubblica agli ebrei e ai cristiani di discendenza ebraica. In una conferenza su “La Chiesa di fronte al problema degli ebrei”, Bonhoeffer prende pubblicamente posizione sull’odio razziale. Egli rimane deluso e sconcertato dalla posizione ufficiale della Chiesa protestante, la quale, assieme alla Chiesa cattolica ufficiale (salvo sempre alcune eccezioni), considera l’antisemitismo e l’odio razziale un problema marginale.
Nonostante i suoi numerosi interventi sulla pace, sul Discorso della Montagna (Mt 5-7), sulla confessione della fede e sul rifiuto dell’eresia neonazista, Bonhoeffer rimane isolato nella sua Chiesa, nel movimento ecumenico e nel mondo accademico. Per questo nell’ottobre del 1933 parte per esercitare il ministero pastorale a Londra in due parrocchie di lingua tedesca. Vi rimane per due anni, fino all’aprile del 1935. Qui approfondisce i legami ecumenici e lotta affinché si riconosca la Chiesa confessante, che si stava allora costituendo come Chiesa indipendente dallo Stato e come la rappresentante legittima del protestantesimo tedesco.
Intanto in Germania il regime di Hitler ha ormai ben saldo il potere. Bonhoeffer intuisce che bisogna prepararsi a tempi molto duri, non solo per la Germania, ma per tutta l’Europa e per tutto il mondo. Bisognava quindi preparare i futuri pastori della Chiesa confessante a contrastare l’ideologia anticristiana del nazismo e a predisporsi per la ricostruzione che avverrà in un lontano futuro. Il 28 agosto in una assise ecumenica in Danimarca, Bonhoeffer, ispirandosi al Sal 85,9 («Ascolterò che cosa dice il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli»), lancia un drammatico appello in favore di un grande concilio ecumenico per la pace, affinché i cristiani non si rivolgano le armi gli uni contro gli altri, perché è come rivolgerle contro Cristo. Sarà l’ultimo suo intervento pronunciato in una sessione ecumenica.
Nella primavera del 1935 Bonhoeffer è incaricato dalla Chiesa confessante come responsabile della formazione spirituale e pastorale dei futuri pastori in uno dei cinque seminari pastorali, quello di Zingst-Finkenwalde, vicino Stettino. Bonhoeffer accetta volentieri questo incarico. Imposta la formazione dei futuri pastori sull’esperienza della vita comune (Bonhoeffer era attratto dalla vita comunitaria dei monasteri), orientata da quattro grandi opzioni di fondo: a) la confessione di fede di fronte all’eresia del nazismo; b) la sequela di Gesù Cristo a caro prezzo; c) la cura del culto (preghiera personale e comunitaria) e della vita spirituale (lettura della Bibbia); d) essere la voce dei muti e dei perseguitati (nel caso concreto gli ebrei) contro lo Stato dittatoriale.
Bonhoeffer, attraverso i corsi di teologia, la vita comunitaria e fraterna, la preghiera e la lettura della Bibbia, prepara i futuri pastori alle prove imminenti e alla guerra. E infatti, i suoi seminaristi, per punizione, vengono inviati dalla Gestapo tra le truppe che combattevo al fronte russo. Su centocinquanta giovani, ottanta morirono al fronte. L’esperienza di questo seminario-comunità durerà solo due anni e mezzo. Alla fine del settembre 1939 la Gestapo la chiuderà. I libri che racchiudono questa esperienza sono Sequela, pubblicato nel 1937, e Vita comune, pubblicato nel 1939. Dopo la chiusura del seminario, Bonhoeffer e i suoi continuano la formazione dei giovani futuri pastori sotto forma di riunioni itineranti nelle varie parrocchie che sono disposti ad accoglierli. Da questo momento in poi, fino alla sua morte, Bonhoeffer non avrà più un domicilio stabile. Di questo periodo ci sono rimasti uno studio biblico sulla Tentazione, uno sui salmi, intitolato Libro di preghiera della Bibbia, e alcune lettere agli studenti scritte per consolarli e incoraggiarli a rimanere perseveranti; altre lettere le indirizza agli anziani del quartiere, dove risiedeva il seminario, e ai famigliari.
Nel gennaio 1938 il regime nazista proibisce a Bonhoeffer di risiedere a Berlino, tranne per motivi famigliari. Il 18 settembre del 1939 la Germania ha invaso la Polonia: è l’inizio della seconda guerra mondiale. Il 4 settembre 1940 viene proibito a Bonhoeffer di prendere pubblicamente la parola e gli viene ordinato di comunicare alla polizia i suoi soggiorni. La Gestapo lo sta già pedinando. I suoi amici, sapendo che Bonhoeffer è deciso a non prestare il giuramento militare ad Hitler e che dunque rischia di essere giustiziato, ottengono per lui un invito per recarsi ad insegnare negli Stati Uniti. Bonhoeffer vive drammaticamente questo soggiorno negli Stati Uniti: gli sembra di essere diventato un po’ come il profeta Giona, in fuga dalle sue responsabilità. Perciò, dopo alcune settimane, decide di ritornare in Germania per essere solidale con il suo popolo.
A partire da questo periodo Bonhoeffer si impegna nella resistenza contro la tirannia di Hitler, senza però poter contare sulla sua Chiesa. Dal novembre 1940 al febbraio 1941 si rifugia presso l’abbazia benedettina di Ettal nelle montagne bavaresi. Abita nelle stanze riservate agli ospiti, frequenta la biblioteca, partecipa ad alcuni momenti della vita monastica: la preghiera, l’eucaristia, la mensa comune. In molte lettere ai famigliari fa l’elogio di questa forma di vita che, dice, non gli è estranea e che sarebbe una perdita se la vita comunitaria monastica venisse distrutta. Cosa ritenuta possibile dagli stessi monaci, visto il clima religioso e politico del tempo.
Bonhoeffer è al corrente del complotto contro Hitler, lo appoggia e lo sostiene. È di questo periodo lo scritto, rimasto incompleto, intitolato Etica, una raccolta di riflessioni a frammenti, molto pacate, sulle “realtà penultime”, cioè le realtà di questo mondo, dalle quali il cristiano non può separarsi a motivo delle “realtà ultime”, cioè dell’escatologia, cioè della venuta di Cristo Crocifisso-Risorto nella Gloria. In Cristo, Dio è entrato nella realtà di questo mondo: perciò il cristiano, che vive nel mondo, è chiamato ad agire con responsabilità, anche quando si trova in situazioni difficili e rischiose. Il cristiano, come Mosè e come Paolo, ha una funzione di mediazione e di intercessione: rappresenta e presenta il mondo davanti a Dio. Nell’Etica Bonhoeffer cerca di sviluppare una teologia della fedeltà alla terra, guardando al futuro, vale a dire al dopoguerra, alla ricostruzione. E questa sua prospettiva di fedeltà e di fiducia nel futuro è testimoniata esistenzialmente dal suo fidanzamento nel gennaio 1943 con Maria von Wedemeyr.
5. Il carcere, il campo di concentramento, la morte
Il 5 aprile 1943 Bonhoeffer viene arrestato dalla Gestapo con l’incriminazione per alto tradimento, vale a dire per essersi sottratto al servizio militare e di aver aiutato gli ebrei a rifugiarsi in Svizzera. Viene imprigionato nel campo militare di Tegel. Vede i suoi famigliari, la sua cara fidanzata Maria. Scrive molte lettere ai famigliari, alla fidanzata, agli amici, in particolare al suo amico E. Bethge (autore di una imponente biografia su Bonhoeffer), scrive frammenti di un romanzo, studi sul tempo e sulla verità, legge romanzi. Dopo un primo periodo di depressione, riprende a sperare per la libertà. Nelle lettere – pubblicate postume nel 1951 col titolo Resistenza e resa –, in particolare in quelle indirizzate all’amico Bethge, tratta vari temi, pensando al futuro della Chiesa.
I temi principali che tratta sono i seguenti:
– l’appartenenza al mondo: rimette al centro della fede il mondo reale, sensibile, storico, prendendo le distanze da una fede idealizzata e astratta (Lettera del 21 luglio 1944);
– l’idea di un cristianesimo non religioso (lettera del 30 aprile 1944): considera il “tempo della religione” una fase storica del cristianesimo che non ritornerà più; per lui la religione ha le seguenti caratteristiche: ricorre alla metafisica, è individualista, evoca un deus ex machina, dipende dai gruppi elitari della borghesia; con religione intende la forma occidentale del cristianesimo, e quindi prospetta altre forme inedite di cristianesimo; ma non avrà il tempo di sviluppare questa tematica;
– l’umanità di Gesù: il suo intento è di ripensare la presenza e l’azione di Cristo oggi, in un mondo che è cambiato rispetto al mondo antico; Gesù non fa della metafisica, ma parla in parabole, non è un individualista, bensì uomo-per-gli-altri, non cerca privilegi, ma siede alla mensa degli esclusi, non invoca un dio ex machina, ma fa appello alla responsabilità personale e muore sulla Croce gridando il suo abbandono al Padre;
– il mondo diventato adulto: nel mondo diventato adulto è necessario un cristianesimo adulto, una fede cristiana che trovi Dio non nelle questioni irrisolte della vita – un Dio tappabuchi – ma in quelle risolte, non nella sofferenza ma nella salute (lettera del 30 aprile 1944; lettera del 29 maggio 1944). Colpisce che queste riflessioni sono fatte in un momento tragico della sua vita.
Il 20 luglio 1944 fallisce l’attentato contro Hitler, che Bonhoeffer aveva appoggiato per necessità e ultima ratio, e non senza sentirlo come un dramme personale di infedeltà al Vangelo. I legami di Bonhoeffer con i congiurati dal regime nazista saranno accertati definitivamente nell’autunno del 1944. Per lui è l’inizio della fine. Viene trasferito nel carcere della Gestapo della Prinz-Albrecht-Strasse e qui sottoposto a interrogatori ricattatori e a torture. Da una testimonianza del suo compagno di cella veniamo a sapere che Bonhoeffer, nonostante tutto, aveva sempre una parola di fede e speranza, tratte dalla S. Scrittura, per tutti i suoi compagni di prigionia. All’inizio del 1945 viene condotto con un gruppo di prigionieri in diversi campi di concentramento. Un ufficiale dei servizi segreti, Payne Best, così testimonia: «Era tutto umiltà e dolcezza. Sembrava sempre emanare da lui un’atmosfera di bontà, di gioia nei più piccoli avvenimenti della vita, di profonda gratitudine per il semplice fatto che lui c’era ancora. […] È uno degli uomini rari che ho incontrato, il cui Dio era reale e anche prossimo a lui» .
Il martedì di Pasqua 1945 viene internato nel campo di Flossenbürg. La domenica in Albis, su richiesta dei compagni di prigionia, Bonhoeffer celebra il servizio liturgico: commenta le letture bibliche del giorno e conclude con l’orazione. All’improvviso si spalanca la porta: viene chiamato dalle guardie a recarsi con loro. Raccoglie la sua roba e lasciando la sala dice: «È la fine. Per me, è l’inizio della vita». Il giorno dopo, il 9 aprile 1945, quando già si sente in lontananza l’artiglieria americana, all’età di trentanove anni Dietrich Bonhoeffer viene impiccato. La segretezza della procedura e la furtività dell’esecuzione non ci permettono di conoscere i particolari di quanto è avvenuto in quel giorno. Abbiamo solo la testimonianza – in verità per gli studiosi poco attendibile – resa il 4 aprile 1955 dal medico del campo, il dott. H. Fischer-Hüllstrung, al pastore Zimmermann.
Ecco un passaggio: «Attraverso la porta semiaperta di una stanza delle baracche vidi che il pastore Bonhoeffer, prima di svestire gli abiti da prigioniero, si inginocchiò in profonda preghiera con il suo Signore. La preghiera così devota e fiduciosa di quell’uomo straordinariamente simpatico, mi ha scosso profondamente. Anche al luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato la scala del patibolo. La morte giunse dopo pochi secondi. Nella mia attività di medico di quasi cinquant’anni non ho mai visto un uomo morire con tanta fiducia in Dio». Nello stesso giorno in un altro campo di concentramento veniva ucciso il cognato Hans von Dohnanyi. Il 25 aprile a Berlino venivano fucilati il fratello Klaus e un altro cognato, Rüdiger Schleicher. Il pastore e teologo D. Bonhoeffer resta uno dei cristiani più intuitivi e originali del nostro tempo. Egli ci insegna a resistere all’ingiustizia degli uomini iniqui e a rendere, a donare la propria esistenza a Dio.
Fr. Egidio Palumbo
Mercoledì della spiritualità 2022, Fraternità Carmelitana di Barcellona Pozzo di Gotto
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