Nell’iniziativa della Facoltà teologica del Triveneto “Serve la chiesa?” i partecipanti hanno sollevato questioni enormi.
Nell’iniziativa della Facoltà teologica del Triveneto “Serve la chiesa?” i partecipanti hanno sollevato questioni enormi.
Assenza dei giovani dalla vita della Chiesa; linguaggi adeguati al nostro tempo per comunicare il messaggio del Vangelo; credibilità nelle parole e nei gesti concreti; attualità dei gesti del rito e della liturgia; ministeri reali nei quali coinvolgere i laici; autenticità dell’annuncio. Sono enormi le questioni sollevate dai giovani che hanno partecipato all’iniziativa promossa dalla Facoltà teologica del Triveneto sul tema “Serve la chiesa?”. Dopo una serie di focus group, sei persone di età compresa tra i venticinque e i trentacinque anni provenienti da Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia Romagna hanno riportato le richieste elaborate negli incontri al vescovo Erio Castellucci, vicepresidente della CEI, e a Paola Bignardi, già coordinatrice dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo.
I loro desideri fanno capire come non sia più differibile dalle istituzioni ecclesiastiche l’ascolto delle nuove generazioni, che cercano una Chiesa capace di esporsi sui temi che interpellano il mondo d’oggi, come ad esempio l’ecologia e l’omosessualità. Quindi, oltre a dare attenzione alle istanze giovanili, servono concretezza e credibilità, se si vuole contrastare un processo di allontanamento sempre più massiccio e accelerato. Cercando una chiave di lettura per tutto ciò, mons. Castellucci ha detto che la pastorale più adeguata è la relazione. Una rete di incontri è il punto chiave del rapporto fra identità cristiana e vocazione al dialogo. Bignardi si è allacciata a questo discorso affermando che molti giovani, in una ricerca esistenziale e spirituale tra una grande solitudine e un’inquieta indagine sul proprio io più profondo, ricercano Dio in modo originale e talvolta stravagante. Questa non canonicità rispetto a ciò che hanno insegnato loro docenti e catechisti fa emergere la necessità di ri-formare gli educatori, passando da una formazione sostanzialmente trasmissiva a un’idea generativa della formazione.
Quindi, ha ripreso mons. Castellucci, se la realtà è più importante dell’idea si dovrebbe fare propri un’ermeneutica pellegrina e un pensiero incompleto, concedendo il primato della relazione sull’organizzazione, dell’incontro sul programma, del volto sul comandamento. La fatica delle relazioni chiederebbe quindi di rinunciare alle comodità del rigorismo e di accettare con fede di stare dentro la provvisorietà senza avere ben chiara la meta. La pratica dell’ascolto, aggiunge Bignardi, potrebbe essere una delle ministerialità in cui promuovere il protagonismo e la creatività i laici, abituati a farla nella propria quotidianità. Ma, almeno per ora, difficilmente il cambiamento potrà venire dalle strutture gerarchiche della Chiesa. Piuttosto, si potranno sviluppare esperienze marginali ma vive che, diffondendosi, riusciranno a dare risposte vere ai problemi reali ed esercitare una pressione sui livelli più alti per generare cambiamenti istituzionali per tutti.
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