La foresta del Bacino del Congo brucia, ma nessuno se ne interessa

Di questo passo, il secondo polmone verde del mondo dopo l’Amazzonia potrebbe scomparire alla fine del secolo.

La foresta amazzonica non è l’unica sorvegliata speciale quando si parla di deforestazione del pianeta. Come riporta Nigrizia, secondo la Fao nel decennio 2010-2020 le perdite maggiori si sono verificate in Africa: 3,9 milioni di ettari all’anno, contro i 4,7 milioni di ettari all’anno a livello mondiale. Preoccupante è il fatto che il trend del tasso di deforestazione africano stia aumentando di decennio in decennio, mentre l’Asia e l’Europa hanno esteso la superficie coperta da alberi e il Sud America ha rallentato le perdite.

La principale foresta dell’Africa è quella del Bacino del Congo, che è la seconda al mondo e rappresenta circa un quarto di tutte quelle tropicali. Estesa per il 60% nella Repubblica democratica del Congo e poi in Camerun, Repubblica Centrafricana, Congo, Gabon e Guinea equatoriale, non sembra raccogliere l’attenzione della comunità internazionale. I fondi internazionali per salvaguardare le foreste, infatti, sono rivolti per 54,5% al Sudest asiatico e il 34% all’Amazzonia, mentre solo l’11,5% al Bacino del Congo. Così, complice un governo che non è in grado di mettere in atto una politica coerente, la deforestazione continuerà.

Uno studio dell’Università del Maryland prevede, secondo la tendenza in atto, la scomparsa della foresta tropicale del Bacino del Congo, con tutta la sua biodiversità, entro la fine del secolo. Sorprendente è la causa principale del disboscamento, sempre secondo questo studio. Lo sfruttamento del legname o la trasformazione in aree coltivabili per l’agricoltura speculativa da parte di multinazionali? No. L’80% della superficie distrutta sarebbe a causa dei tagli su piccola scala per far posto all’agricoltura di sussistenza. La motivazione primaria, dunque, è la povertà, alimentata nella Repubblica democratica del Congo da guerra e instabilità politica.

Quando l’Amazzonia e l’Australia sono state colpite da devastanti incendi, in pochi si sono interessati al secondo polmone verde del mondo che bruciava (e continua a bruciare). Qui, buona parte dei roghi sono imputabili alla tradizionale pratica africana di incenerire la massa vegetale per far posto alle colture agricole. Il fatto che l’Ente spaziale europeo abbia dichiarato, sulla base dei dati rilevati dai suoi satelliti, che il 70% della superficie mondiale incendiata si concentri nell’Africa sub-sahariana, dovrebbe far riflettere sulle priorità della politica internazionale.