Se si usa la formula «Noi ti battezziamo» il battesimo non è valido

Il sacramento conferito anche a nome dei familiari non è liturgicamente corretto, perché il ministro agisce solo per conto di Cristo.

Alcuni battesimi rischiano di non essere legittimi. Rispondendo a un dubbio sulla validità del sacramento conferito con le parole “A nome del papà e della mamma, del padrino e della madrina, dei nonni, dei familiari, degli amici, a nome della comunità noi ti battezziamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha infatti dichiarato, con l’approvazione di Papa Francesco, che questa formula non è quella stabilita dalla Chiesa nei libri liturgici e, di conseguenza, non è valida.

Nella nota dottrinale che segue il responso, viene indicata come motivazione della deliberata modifica al Rituale Romano la volontà di sottolineare il valore comunitario del battesimo, esprimendo così la partecipazione di familiari e presenti ed evitando l’idea della concentrazione del potere sacrale nel sacerdote. Ma già san Tommaso d’Aquino si era posto la questione e aveva risposto che questa è una prassi contraria alla natura del ministro. Il Concilio Vaticano II asserisce infatti che «Quando uno battezza è Cristo stesso che battezza». Quindi, essendo i sacramenti istituiti da Gesù e affidati alla Chiesa perché siano custoditi, nessun sacerdote può aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica. Nella celebrazione dei sacramenti, Cristo si manifesta nell’assemblea radunata, la quale però agisce ministerialmente, non collegialmente. Il ministro, dunque, è un segno esteriore della sottrazione del sacramento al nostro disporne e del suo carattere relativo alla Chiesa universale.

«Nel caso specifico del Sacramento del Battesimo, il ministro non solo non ha l’autorità di disporre a suo piacimento della formula sacramentale […], ma non può nemmeno dichiarare di agire a nome dei genitori, dei padrini, dei familiari o degli amici, e nemmeno a nome della stessa assemblea radunata per la celebrazione, perché il ministro agisce in quanto segno-presenza dell’azione stessa di Cristo che si compie nel gesto rituale della Chiesa. Quando il ministro dice “Io ti battezzo…” non parla come un funzionario che svolge un ruolo affidatogli, ma opera ministerialmente come segno-presenza di Cristo, che agisce nel suo Corpo».

La nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede specifica che nella celebrazione del rito del battesimo i genitori, i padrini e l’intera comunità sono chiamati a svolgere un ruolo attivo, quindi un vero e proprio ufficio liturgico, ma in relazione alle loro competenze, che non sono quelle del celebrante. Sant’Agostino infatti scrive, commentando il versetto del Vangelo di Giovanni, riferito all’attribuzione esclusiva della santità del battesimo a Gesù rispetto alla moltitudine di ministri, «È lui quello che battezza nello Spirito Santo» (Gv 1, 33): «Battezzi pure Pietro, è Cristo che battezza; battezzi Paolo, è Cristo che battezza; e battezzi anche Giuda, è Cristo che battezza».

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