Il modello del seminario sembra oggi avere poco a che fare col nostro tempo e non fare più il bene della Chiesa.
Il modello del seminario sembra oggi avere poco a che fare col nostro tempo e non fare più il bene della Chiesa.
In Germania, all’interno della Chiesa si è acceso un dibattito sul percorso di formazione del ministero ordinato. Il modello tridentino del seminario sembra oggi avere poco a che fare col nostro tempo e le scarse vocazioni permetterebbero una serie di nuove modalità per strutturare e configurare l’itinerario formativo, che non può più essere disgiunto dall’esercizio effettivo del ministero nel vissuto delle comunità cristiane.
Il sito dei dehoniani Settimana News riporta a riguardo una puntualizzazione storico-culturale di Erich Garhammer, emerito di Teologia pastorale presso l’Università di Würzburg. Secondo il professore, nel corso dell’Ottocento il seminario si allontana dallo spirito pastorale e di cura d’anime che costituiva il cardine della sua genesi tridentina, diventando il polo di garanzia dell’ortodossia del clero e assumendo una funzione di politica ecclesiastica nei confronti del nascente Stato laico. L’isolamento dei candidati al sacerdozio rispetto agli ambienti familiari e di vita ha generato, secondo lui, la forma moderna del clericalismo presbiterale. Questo passaggio ha fatto emergere tutta una serie di criticità:
«separazione dal mondo e dalle pratiche di vita; mancanza di contatti con coetanei cattolici che studiano teologia senza aspirare al sacerdozio; totalizzazione delle pratiche di vita dei candidati al ministero; controllo istituzionale sul foro interno ed esterno; sospetto sistemico verso ogni teologia che non viene praticata in ambienti puramente ecclesiastici.»
Per Garhammer, i cambiamenti odierni (non solo nelle relazioni Stato-Chiesa) devono far riflettere sulla perpetuazione di quello che considera un vero e proprio peccato strutturale da parte della Chiesa tedesca. Bisognerebbe trovare forme differenti rispetto al seminario inteso in senso tradizionale, per garantire una formazione in linea con i cambiamenti epocali in cui il ministero ordinato non solo si esercita, ma anche si origina. Questo perché servono nuove competenze pastorali, come «la capacità di comunicazione, la multi-professionalità, il radicamento spirituale e la capacità di rendere ragione delle proprie scelte e del proprio vissuto».
Il professore tedesco vede la “struttura seminario” lontana da una teologia praticata e pensata nello spazio pubblico condiviso da tutti, ovvero da credenti e non credenti, ministri e laici, uomini e donne. L’idea di una necessità clericale che concepisce un’istituzione totale come condizione assoluta di introduzione e preparazione al ministero ordinato non farebbe bene alla Chiesa, in un periodo storico in cui il popolo di Dio fa sempre più fatica a trovare un ministro adatto a dare risposte alle esigenze di una fede che vive nell’esistenza concreta dell’essere umano contemporaneo.
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