Nella prima Pasqua i discepoli vissero un’esperienza simile a quella che stiamo provando noi in quarantena: un enorme vuoto.
Nella prima Pasqua i discepoli vissero un’esperienza simile a quella che stiamo provando noi in quarantena: un enorme vuoto.
«Per far fronte a questa situazione difficile e senza precedenti, dobbiamo fare un passo ulteriore […] riandando alla prima Pasqua, quella ricordata dal Vangelo di Giovanni al capitolo 20. […] Anche allora, Gesù non stette con i discepoli nella stessa maniera in cui avveniva prima, quando attraversavano insieme le strade della Palestina. Ora tutto è diverso. Gesù viene attraverso delle porte chiuse, inaspettato, e sta tra di loro in un modo del tutto nuovo. I discepoli spaventati faticano a riconoscerlo. Poi sentono delle parole che conoscono: Non abbiate paura! «Pace a voi!». Conoscono queste parole, che spesso compaiono nelle sacre Scritture dell’antica alleanza. Dio è già stato presente in situazioni difficili e apparentemente senza speranza, e ora è presente in un modo nuovo, in Gesù Cristo risorto dalla morte.»
Sul blog dell’editrice Queriniana, il cardinale Walter Kasper medita sul fatto che nella prima Pasqua i discepoli vissero un’esperienza simile a quella che stiamo provando noi in questi tempi di pandemia e quarantena: un enorme vuoto. Le loro speranze erano state disattese e non sapevano che fare bloccati dalla paura. Anche noi, ora, vediamo piani finiti nel nulla e un futuro pieno di incertezze e siamo spaventati, onestamente e realisticamente, da un’unica certezza: non si potrà più fare esattamente come si faceva prima. Ma potremmo anche noi comportarci come Tommaso.
«Tommaso ha reagito come siamo soliti fare noi uomini e donne moderni: se non lo posso vedere, se non lo posso toccare, allora non ci credo. Gesù gli va incontro. Non lo fa con gesti plateali o dando spettacolo, per così dire, con squilli di tromba e rulli di tamburo come un radioso vincitore che ha sconfitto la morte. Né lo fa da giudice che viene a punire e trucidare quanti, nella loro testardaggine e accecati dall’odio, l’hanno condannato alla croce, o che viene a condannare i discepoli che si sono dati alla fuga o chi come Pietro l’ha rinnegato. No, Gesù dimostra di essere presente, sebbene in modo molto diverso rispetto a prima, in una maniera completamente diversa, delicata e discreta. Mostra le sue ferite e lascia che Tommaso le tocchi. Queste ferite trasfigurate sono il suo miracolo e la sua rivelazione pasquale.»
Il cardinale Kasper continua ricordando che Gesù ha condiviso con noi le nostre ferite, che dopo la Risurrezione sono rimaste impresse nel suo corpo trasfigurato. Per questo, oggi Lui soffre di nuovo con noi in questa situazione critica e patisce con i sofferenti, i morenti, gli anziani soli e i malati. È il buon Samaritano che, pieno di compassione, cura le nostre ferite e ci carica sulla sua cavalcatura, portandoci nell’albergo della salvezza (Lc 10,34-35). È il buon pastore che si mette sulle spalle la pecorella smarrita e la riporta al gregge dal quale era fuggita (Lc 15,5).
«In questa modalità discreta, anche in questa Pasqua Gesù era ed è con noi e per noi quale Signore risorto e trasfigurato, per portarci fuori dalla crisi attuale e per condurci dall’esperienza di una mancanza verso una nuova vita, probabilmente un po’ diversa e più matura, e infine alla vita eterna insieme con lui […]. Dopo aver toccato le sue ferite in questa Pasqua e dopo che egli ha toccato le nostre, noi, come i primi discepoli, potremo incontrare di nuovo il Risorto nei segni sacramentali visibili e tangibili, potremo ritrovarlo nel pasto eucaristico pasquale, come hanno fatto i cristiani delle origini e nei secoli passati. Anche questo sarà diverso. Dopo aver sperimentato così dolorosamente la mancanza e il vuoto quest’anno, guariti dal tocco delle sue ferite saremo capaci in futuro di celebrare la sua presenza e la sua vittoria sulla morte nel sacramento pasquale dell’eucaristia in un modo più consapevole, grato e gioioso.»
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