La grammatica della vita spirituale cristiana

Dio si è fatto uomo perché l’uomo divenga umano a immagine della sua umanità, contemplabile nella vita di Gesù.

In questi tempi, si sente un nuovo bisogno di spiritualità, forse perché una desertificazione interiore sta rendendo l’uomo incapace di nutrire la propria anima. Certamente, la sua preziosità si avverte proprio perché se ne sente la mancanza, come di qualcosa che rischia di scomparire. Quando, per esempio, la comunicazione diventa invadente nasce la nostalgia del silenzio per stare in contatto con sé stessi. Quando l’odio si esibisce sui social e nelle conversazioni quotidiane si inizia a provare il desiderio di mitezza. Quando l’ambiente mondano si fa totalmente immanente, ecco che si fa sentire il bisogno di spiritualità, che è anzitutto un bisogno umano. Ma le risposte che oggi una persona si può dare potrebbero non essere in linea con la rivelazione cristiana. Luciano Manicardi, priore del Monastero di Bose, propone una riflessione sull’argomento, intitolata Per una grammatica della vita spirituale cristiana.

«In tempi di ritorno del religioso, di inflazione di spiritualità, di bulimia spirituale, è urgente chiarificare che cos’è lo spirituale cristiano […]. L’esperienza spirituale cristiana, fondata com’è sulla parola di Dio, sul Lógos (cf. Gv 1,1-18), rischia di divenire a-logica, senza parola, dunque senza confini, senza limiti, senza distinzioni, e di ridursi all’emozionale. Oppure […] il rischio è la riduzione di Dio a equivalente simbolico di una relazione altruista: l’importante è aiutare gli altri, fare il bene, organizzare la carità […]. Per non dire del dilagare disordinato di un cattolicesimo devozionale e pio che si nutre di visioni e apparizioni, un cattolicesimo taumaturgico e miracolistico in cui il paradigma ottico del “vedere” e quello tattile del “toccare con mano” sembrano imporsi con la forza arrogante dell’evidenza e dell’immediatezza, di ciò che rende non più necessaria la fatica dell’ascolto, evita l’alea dell’interpretazione e non corre i rischi connessi all’avventura della fede.»

Ma l’esperienza spirituale cristiana non assegna all’uomo come fine il benessere del sé. Invece, conduce l’uomo all’uscita da sé per incontrare e conoscere la persona vivente di Cristo. I due criteri necessari che rendono possibile ciò sono la Parola e lo Spirito, che impediscono a questa esperienza di dissolversi nella vaghezza, nell’indistinzione, nel sentimentale, nello spontaneistico. Siccome la vita spirituale ha comunque una dimensione corporea e sensibile, occorre conoscere la grammatica della vita spirituale cristiana. Il richiamo a una grammatica non significa certo che questa sia riducibile a un sistema di regole e convenzioni da applicarsi universalmente, visto che il credere si differenzia nei luoghi e nei tempi. Essa deve rimandare al recupero degli elementi essenziali, dei nessi basilari, degli usi corretti, delle rette declinazioni cristiane dello spirituale. Nella sua riflessione, Manicardi ne offre un’attenta disamina in relazione all’umanità di Gesù, all’importanza dell’ascolto e all’intrinsecità di sensi e spirito, alla centralità delle Scritture e massimamente dei Vangeli, al battesimo, per poi concludere così:

«La vita spirituale cristiana può essere così sintetizzata: Dio si è fatto uomo perché anche noi diventiamo uomini e perché umanizziamo la nostra umanità. Dio si è fatto uomo perché noi diventiamo uomini a sua immagine e somiglianza. Non è difficile mostrare come tutto l’AT, nelle sue tre componenti della Legge, della Profezia e della Sapienza, miri a umanizzare l’uomo. […] Quando Gesù radicalizza la Torah e i comandi dell’AT (non uccidere, non commettere adulterio…) chiedendo il rispetto dell’altro e la purezza dello sguardo e del cuore, non fa che proseguire questa opera di umanizzazione dell’uomo. […] Il Gesù profeta è colui che rivendica il primato dell’uomo e dell’umano sulle istituzioni e sulle leggi, fossero pure sacre come il sabato o le tradizioni ricevute dagli anziani (Mc 2,27; Mt 5,21-48). […] E come dimenticare il Gesù sapiente che nelle parabole assume la realtà quotidiana, le realtà umane e attraverso di esse narra Dio? Insomma, compimento della Scrittura, compimento della volontà di Dio, è l’umanità di Gesù Cristo. […] Dio si è fatto uomo perché l’uomo divenga umano a immagine della sua umanità. Questa la vita spirituale cristiana.»

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