Nella guerra in Etiopia si spera per la tregua umanitaria

Il conflitto civile nel Tigray ha ormai causato due milioni di rifugiati o sfollati e nove milioni di bisognosi di assistenza.

Uno degli ultimi orrori conosciuti riguardo al conflitto armato in Etiopia è il bombardamento eseguito a gennaio con un drone sulla città di Dedebit, nel Tigray, a causa del quale sono morte cinquantasette persone. Se si aggiungono le dozzine di feriti e il fatto che l’attacco ha colpito una scuola che ospitava migliaia di sfollati, soprattutto bambini, donne e anziani che dormivano in tende provvisorie, si può parlare di crimine di guerra. Ormai, è da quasi un anno e mezzo che questa regione, assieme a quelle di Amhara, Afar, Benishangul-Gumuz e Wollega, viene devastata nello scontro tra l’esercito federale e i ribelli, con il corollario di crudeltà, stupri e violenze di gruppo.

Per questo, come riporta Nigrizia, si spera che la tregua umanitaria a tempo indeterminato, annunciata il 24 marzo dal governo etiope per permettere l’arrivo di aiuti umanitari, regga, visto che il governo regionale tigrino ha risposto che farà di tutto per sostenerla. Anche perché i numeri della guerra sono terribili: le Nazioni Unite parlano di oltre due milioni di persone rifugiate o sfollate e di centinaia di migliaia ridotte alla fame, mentre il Programma Alimentare Mondiale stima in oltre nove milioni gli individui che necessitano di un’assistenza immediata e nel 40% la parte di popolazione del Tigray che a fine gennaio soffriva di una grave mancanza di cibo.

In un recente rapporto, l’organismo governativo denominato Commissione etiopica per i diritti umani ha parlato di almeno settecentocinquanta civili rimasti uccisi nelle sole regioni di Afar e Amhara da giugno 2021, vittime dell’esercito di Addis Abeba, delle milizie locali e del Fronte di liberazione del popolo tigrino. Inoltre, esso accusa più fronti di aver perpetrato rapimenti, detenzioni e sparizioni arbitrari. Poi, nelle regioni coinvolte nel conflitto sono state distrutte migliaia di infrastrutture, (centri sanitari, ospedali, istituti scolastici, strutture di servizi pubblici, centri religiosi) e centinaia di migliaia di case. Con il rientro delle forze del Tigray nella propria regione si è ridotta l’intensità della guerra, ma all’orizzonte non si vedono reali soluzioni.