La drammatica testimonianza di una suora che opera in una casa di accoglienza di una delle baraccopoli della capitale.
La drammatica testimonianza di una suora che opera in una casa di accoglienza di una delle baraccopoli della capitale.
In un fine settimana di metà ottobre, ad Haiti, dove la popolazione è allo stremo, circa centocinquanta persone sono state rapite per le strade da bande armate. Queste, dopo aver chiesto un pagamento di denaro alle famiglie, il lunedì successivo ne hanno giustiziato qualcuna tra coloro che non sono stati riscattati. Fra i sequestrati vi sono anche diciassette missionari cristiani provenienti dagli Stati Uniti, per ciascuno dei quali è stato addirittura chiesto un milione di dollari. Questa terrificante situazione si sta facendo sempre più frequente, come ha testimoniato a Mondo e Missione suor Marcella Catozza, francescana che è stata per anni in missione sull’isola, dove è tornata di recente:
«Molti sono stati giustiziati proprio accanto alla nostra casa [perché] qui si trova la sede di questo fantomatico “esercito di liberazione”. In realtà, sono gli stessi banditi di sempre, finora nemici, che si sono associati in un nuovo movimento per creare il cosiddetto “califfato haitiano”, sebbene non sappiano nemmeno che cosa voglia dire.»
Emulando i video che girano su internet, questi miliziani copiano gli estremisti dell’ex Isis o i talebani, facendosi crescere la barba, uccidendo i prigionieri con colpi alla testa o decapitazioni e proponendo visioni e dinamiche vicine al fondamentalismo islamico. La religiosa è barricata da un mese nella casa di accoglienza Kay Pè Giuss, che opera nella grande baraccopoli di Waf Jeremie, sorta in passato sulla discarica comunale della capitale Port-au-Prince. Con il pericolo sempre in agguato per le strade, nel centro seguono le messe online e per avere l’eucaristia, che dà il senso e la ragione per cui uno resta qui, un ragazzo va in moto attraverso percorsi secondari alla nunziatura per prendere le ostie consacrate.
Suor Marcello racconta poi che gli uomini armati vanno anche di casa in casa a rapire le ragazzine e riportano quelle prelevate mesi prima perché incinte. In questo scenario di violenze, lei si sente però rispettata, grazie al suo operato fatto in passato. Ad esempio, dopo che è stato ucciso un membro di una banda della baraccopoli, il capo ha inviato un emissario per chiederle di poter celebrare il funerale con un prete nella loro chiesa. Il fatto che non sia venuto direttamente a pretenderlo è un segno di speranza. La religiosa ha poi accettato per due motivi: da una parte il timore di una ritorsione certa e terribile, dall’altra la non volontà di negare all’uomo un ultimo istante di verità.
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