Alcuni particolari e personali esercizi spirituali per aiutare ad andare oltre i propri giudizi sugli altri, sulla vita, su noi stessi e su Dio.
Alcuni particolari e personali esercizi spirituali per aiutare ad andare oltre i propri giudizi sugli altri, sulla vita, su noi stessi e su Dio.
La vita dell’essere umano è più o meno attraversata da periodi difficili. Litigi con persone care, amori che finiscono, malattie, obiettivi non raggiunti ci fanno soffrire e l’unica soluzione possibile è quella di trovare un modo per mettere un fine ai propri tormenti. Portare a termine questa impresa è difficile, perché passa dalla capacità di lasciarli andare. Lasciar andare vuol dire accettare anche le cose sgradevoli dell’esistenza, che non è fatta solo di aspetti gradevoli. Così possiamo trarre un insegnamento dagli eventi peggiori della nostra vita e comprendere più profondamente noi stessi.
La rivista Vocazioni suggerisce dei particolari e personali esercizi spirituali sul lasciar andare, con proposte di meditazione, contemplazione e, volendo, scrittura. I cinque esercizi hanno l’obiettivo di aiutare a lasciare andare i propri giudizi sugli altri, sulla vita, su noi stessi e su Dio.
Nei confronti degli altri, la nostra mente ha spesso la necessità di inquadrare e stereotipizzare una persona come se fossimo noi i definitori assoluti, come se volessimo sostituirci al giudizio di Dio. Ma, così facendo, talvolta vediamo solo un lato terribile, altre solo quello buono. Lasciare andare la tentazione di scambiare per giudizi universali i nostri giudizi particolari serve a imparare che non abbiamo già visto tutto, ma ci sono altre sfumature. Ci togliamo così dal centro e ci ritroviamo creature e non Creatore.
L’attitudine frequente a giudicare la nostra vita ci porta a interrogarci continuamente sulle situazioni negative che ci segnano, che diventano filtri con cui guardare ogni nostra azione. Ma sapersi leggere vuol dire anche spogliarsi di esse. Anche nei confronti di noi stessi: sono loro a possedere noi o noi a possedere loro? I giudizi non devono mummificarsi e irretire, ma sciogliersi come in un pianto.
Infine, occorre imparare a lasciare andare il giudizio su Dio. Continuare a chiamarlo ed evocarlo è una necessità umana, una richiesta di grazia per sollevarsi dall’abisso. Talvolta la preghiera viene usata come fosse un ansiolitico, ma quando una situazione non ha per noi senso ed è indecifrabile ecco che ci sentiamo abbandonati e la nostra razionalità che predilige linee rette va in tilt. Dio, però, non agisce seguendo una logica terrena. Dobbiamo quindi accettare la nostra incapacità di comprendere, rompere i nostri argini cognitivi ed emotivi per consentirci l’esercizio più impegnativo rispetto al lasciar andare.
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