Il secondo convegno “Professione oratorio” promosso dalla diocesi di Milano ha ragionato sulla figura dell’educatore retribuito.
Il secondo convegno “Professione oratorio” promosso dalla diocesi di Milano ha ragionato sulla figura dell’educatore retribuito.
Venerdì 9 aprile e tra il 19 e il 23 di aprile 2021 si è svolto il convegno della diocesi di Milano sulla figura dell’educatore retribuito impegnato in oratorio e nelle attività di pastorale giovanile, un’iniziativa importante su una figura ormai ritenuta indispensabile, anzi, irrinunciabile. Come ha detto il vicario diocesano della Pastorale giovanile don Mario Antonelli, gli educatori retribuiti sono attori fondamentali, addirittura occhi indispensabili affinché l’azione verso i giovani sappia guardare alla realtà come la guarderebbe il Signore. Con queste parole si è aperta la prima giornata di lavori, che ha posto l’attenzione sulla molteplicità di sguardi che un educatore professionale può portare all’interno dell’oratorio.
Il convegno è stato promosso dalla diocesi e organizzato dalla FOM – Fondazione Oratori Milanesi con il TEC – Tavolo Enti e Cooperative, un gruppo di lavoro che si ritrova stabilmente durante l’anno con la regia diocesana e che ha il compito di valorizzare in modo sempre più preciso, coordinato, diremmo sistemico, la figura dell’educatore professionale in oratorio. Durante le sessioni sono stati indagati quattro sguardi differenti come apporti originali dell’educatore retribuito: sulla comunità, pedagogico, complementare, sul territorio.
Possiamo dire in modo sintetico che l’educatore si trova ad agire in un contesto comunitario in cui mettersi in relazione con altri, ciascuno con la propria umanità, storia, competenza. Da sempre la comunità cristiana, in modo più o meno chiaro e palese, è stata descritta come un corpo in cui ci sono molte membra e come un insieme di carismi, fin dalla comunità immaginata da san Paolo e presentata in modo magistrale nella lettera ai cristiani di Corinto. Ci sono persone con diverse responsabilità, ma nessuno dovrebbe prevalere sugli altri in termini di dignità, di visione della realtà e di competenze specifiche; da qui, la necessità di predisporre una vita ecclesiale di ascolto reciproco e di ministeri che si moltiplicano.
In particolare, la figura dell’educatore retribuito vuole porre attenzione all’aspetto educativo della proposta oratoriana, ricordando con la sua presenza continua che l’oratorio nasce come spazio e soprattutto come tempo che la comunità cristiana sceglie di dedicare ai più giovani affinché possano vivere molteplici esperienze educative pensate e strutturate ad hoc per il tempo che stiamo vivendo. Questo è stato vero soprattutto in questo periodo segnato dalla pandemia, in cui gli educatori hanno permesso di mantenere alto il livello della proposta nonostante le limitazioni giustamente predisposte per circoscrivere la circolazione del Covid-19.
La proposta di scandagliare la presenza dell’educatore retribuito attraverso quattro sguardi ha messo in luce che la sua è una presenza che, a partire da un punto di vista particolare e originale, offre alla comunità attenzioni specifiche e, soprattutto, aiuta ad allargare gli orizzonti della comunità. Guardare vuol dire custodire anzitutto le persone che si affacciano all’oratorio e che chiedono di essere accompagnate, a volte in modo consapevole, altre volte inconsciamente, nel percorso di vita che stanno imparando a conoscere. Lo sguardo dell’educatore cerca di aiutare la comunità ad accorgersi di tutti i ragazzi, lo fa con proposte pensate a livello pedagogico, con un apporto proprio, complementare, che si è costituito grazie alla storia personale e alle diverse esperienze di vita (non ultima quella di studi accademici), con un richiamo continuo a costruire reti con il territorio e altre istituzioni.
Forse sta proprio in questo sguardo multifunzionale l’apporto originale dell’educatore, soprattutto di quello che ha alle spalle una cooperativa che ne garantisca la formazione e l’accompagnamento: richiamare costantemente l’oratorio alla sua originalità, ovvero a essere un’istituzione ecclesiale dedita all’educazione alla fede e quindi alla vita, che si rivolge ai giovani, in relazione con gli altri adulti che a livello personale o all’interno di istituzioni, associazioni, gruppi di interesse desiderano offrire ai giovani prospettive di senso. Oggi più che mai questa rete deve farsi realtà ed essere percepita dai ragazzi e dalle loro famiglie, e in questa rete non può mancare la comunità cristiana che, in modo profetico e lungimirante, sceglie di avere persone che dedicano tempo, competenze, la loro vita professionale e vocazionale al servizio dei piccoli.
Nella settimana tra il 19 e il 23 aprile il convegno si è diffuso in sei proposte laboratoriali, partecipate solo da educatori professionali. Due erano le scelte possibili: quattro laboratori sono stati dedicati alla complementarietà degli sguardi tra educatore e prete di oratorio, due al tema della supervisione in ambito educativo. Perché questi due focus nella proposta del convegno? L’argomento della complementarietà tocca un aspetto che è già è stato richiamato in precedenza, ovvero la necessità che si riconosca per il bene della comunità e della sua azione pastorale l’importanza che tutti i carismi possano crescere: se il Signore ha dato a ciascun battezzato un dono particolare, perché la comunità non dovrebbe valorizzarlo?
In particolare, è evidente che la presenza quotidiana dell’educatore e del prete in oratorio costringe a fare chiarezza sulla questione perché ne va dei rapporti personali, della valorizzazione delle ricchezze di ciascuno, del senso dell’ingaggio di una figura che ha competenze specifiche. Non è semplice comporre sguardi differenti, occorre anche l’umiltà di farsi aiutare e di apprendere da chi, in altri ambiti, ha già percorso da tempo la strada del lavoro in equipe in modo sistematico. È un passaggio delicato a livello ecclesiale, perché si sta sempre più riducendo il numero dei preti impegnati in oratorio, e questi anni devono servire perché ci sia maggiore attenzione a che la regia educativa in oratorio sia una questione di cui realmente e concretamente si fa carico la comunità. Pare che due strumenti siano irrinunciabili affinché questo avvenga: un progetto educativo costruito dalla comunità e un consiglio di oratorio che costantemente ne verifichi l’attuazione e la rimodulazione.
Il secondo focus si è concentrato sulla supervisione, strumento che serve all’educatore per valutare costantemente il suo apporto in ambito educativo, che non può prescindere da un benessere personale. Il lavoro educativo è un lavoro che si avvale fondamentalmente di uno strumento, la relazione personale, da cui traspare la nostra umanità, che può essere in salute e attraversare un momento di apertura, oppure ferita, umiliata, maltrattata: tutto ciò passa inevitabilmente nella relazione di accompagnamento. Se poi la positività o la negatività della vicenda umana e spirituale dell’educatore è determinata anche dal lavoro in oratorio, la relazione ne porterà ancor di più inevitabilmente i segni.
Ecco perché la supervisione, e i due laboratori sono stati un’offerta soprattutto per gli educatori che non hanno alle spalle una cooperativa, è un momento importante nella vita dell’educatore, nella consapevolezza che tutte le professioni educative, in particolare quelle inserite in contesti di lavoro poco strutturati, hanno necessità di un confronto costante. Forse anche per i preti il tema sarebbe da riprendere, soprattutto a riguardo del loro specifico impegno in ambito educativo, anche considerando che la loro preparazione specifica non ha consegnato strumenti per strutturare percorsi educativi ed essi quindi giocano tutto nella relazione interpersonale.
Concludendo, il convegno ha segnato una tappa ulteriore di un cammino che la diocesi di Milano vuole compiere perché ritiene decisiva per il futuro dell’oratorio la presenza di laici con competenze specifiche in ambito educativo e di capacità di lettura dell’umano. L’oratorio è fedele a sé stesso se si adatta ai tempi, la sua tradizione è la dedizione educativa che si rinnova guardando ai cambiamenti che portano le giovani generazioni, ben consapevole che il Vangelo è buona notizia per ogni persona di ogni tempo e di ogni luogo.
Ottavio Pirovano
Cooperativa Aquila e Priscilla
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