La chiusura di ogni attività e il blocco dei trasporti a causa del nuovo coronavirus ha creato un’ondata di migranti interni.
La chiusura di ogni attività e il blocco dei trasporti a causa del nuovo coronavirus ha creato un’ondata di migranti interni.
In India, la decisione del governo di chiudere fabbriche, negozi, cantieri e ristoranti e bloccare i trasporti per contrastare la diffusione del nuovo coronavirus sta avendo una conseguenza disastrosa: un esodo di almeno centoventi milioni di persone, che stanno cercando di tornare ai loro villaggi dalle città dove hanno perso il lavoro. Senza paga, cibo e abitazione questi rischiano di diventare dei mendicanti, per cui accettano di farsi anche settecento chilometri a piedi per andare nelle proprie case ed essere vicini ai parenti. Ad AsiaNews, p. Frederick D’Souza, già direttore di Caritas India e oggi parroco nella zona sud di Delhi, spiega:
«A causa del lockdown, i migranti hanno perso il lavoro e questo li terrorizza. C’è terrore perché vengono a sapere quanta gente è già morta a causa del virus; c’è terrore perché non sanno fino a quando tutto questo durerà e come potranno mangiare. I migranti sono lavoratori a giornata e avendo perso il lavoro hanno anche perso la paga. Stiamo cercando di aiutarli, anzitutto incoraggiandoli a non tornare indietro ai loro villaggi d’origine, ma a rimanere in città da qualunque parte, per la loro stessa sicurezza. Noi sacerdoti e tutti i parrocchiani distribuiamo soldi a tutti loro, almeno per l’acquisto di qualche cibo, soprattutto per i lavoratori edili che qui vivono in una baraccopoli. […] Loro vorrebbero tornare ai loro villaggi, stare con le loro famiglie, piuttosto che essere dispersi e senzatetto qui a Delhi.»
Il governo locale sta distribuendo cibo ai migranti, anche a quelle decine di migliaia di persone che sono di passaggio nella metropoli per poter andare in altri stati. Ma il senso di incertezza è tanto e tutti si domandano fino a quando ci sarà questo sostentamento. La parrocchia di p. D’Souza contribuisce a prendersi cura di questi nuovi poveri e, visto il divieto di girare per strada, i parrocchiani, quando escono per andare a trovarli nella baraccopoli, devono munirsi di un permesso.
Il sacerdote conclude: «Questa è una migrazione dettata dalla paura; non è come le altre, dettate dal bisogno e necessarie. Forse poteva essere evitata. È una migrazione vastissima e senza precedenti. Temo che causerà una tragedia, una catastrofe umana». Alcuni esperti stimano che, a causa delle condizioni di povertà di larga parte della popolazione indiana, se non contenuto il contagio potrebbe raggiungere trecento milioni di individui. La situazione di Delhi è infatti la stessa di ogni grande città dell’India, dove le diocesi si sono attivate per fornire un aiuto concreto a dalit, tribali e migranti di ogni casta e credo che hanno perso il lavoro e la casa.
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