Israele, anche l’archeologia è un mezzo per annettere la Cisgiordania

Nuovi emendamenti permetterebbero all’Autorità israeliana per le antichità di operare in siti palestinesi.

Mentre quest’estate era in corso la guerra nella Striscia di Gaza, il parlamento israeliano ha portato avanti alcuni emendamenti alla legge sulle antichità del Paese, autorizzando l’ente statale che le gestisce a operare in Cisgiordania. Sostanzialmente, i reperti storici nelle regioni della Giudea e della Samaria abitate dai palestinesi vengono intesi come appartenenti al popolo di Israele e, quindi, di competenza dell’Autorità israeliana per le antichità. Finora, si legge su Terrasanta.net, questi territori sono esclusi dall’ambito di applicazione di tale legge, che in teoria non potrebbe nemmeno trovarvi applicazione. Infatti, la responsabilità dei siti archeologici spetta a un responsabile dell’amministrazione civile, comunque sotto il controllo dell’esercito israeliano che occupa militarmente la Cisgiordania dal 1967.

Se questi emendamenti arrivassero all’approvazione definitiva, esprimerebbero un passaggio di poteri che rientrerebbe nella visione israeliana dell’annessione di fatto, vietata dal diritto internazionale. La scelta è dunque politica e ideologica, non tecnica o professionale, legata all’attuale maggioranza sostenuta anche da partiti della destra radicale e religiosa. Essa si aggiunge alle decisioni del Gabinetto di guerra, prese alla fine di giugno, di autorizzare l’amministrazione civile israeliana a prendere misure coercitive sui siti di Sebastia, Shiloh, Susiya e del Monte Ebal, in totale violazione degli accordi internazionali. Tutto ciò va di pari passo con l’esproprio di terre, la legalizzazione e la creazione di colonie, l’approvazione di migliaia di case da parte ebraica.

Il dissenso all’interno del mondo dell’archeologia di Israele è molto diffuso. L’Associazione archeologica israeliana dichiara: «Questo disegno di legge è un palese tentativo di sfruttare l’archeologia per portare avanti una particolare agenda politica […]. Siamo preoccupati per il cambiamento dello status quo e per le conseguenze». Il direttore generale dell’Autorità israeliana per le antichità, affermando di non essere nemmeno stato consultato, si oppone fermamente a questi emendamenti illegali. Il presidente del Consiglio archeologico dice: «È difficile per noi accettare il fatto che una questione così importante non sia stata affatto discussa con gli operatori del settore». Intanto, il governo continua ad andare contro il parere della Corte internazionale di giustizia secondo cui i tentativi israeliani di annettere Gerusalemme Est e parte della Cisgiordania sono illegali.