Letture: Atti degli Apostoli 13,14.43-52; Salmo 99; Apocalisse 7,9.14b-17; Giovanni 10,27-30
Sentirsi in buone mani, sempre. Sentire che nessun vento, nessun uragano, nessuna tempesta potrà strappare le nostre fragili vite dalla vita vera, quella del “per sempre”. Non importa quali paure ci sfioreranno, in quali vortici e mulinelli ci infileremo:
Lui ci sarà sempre, sarà per noi la mano forte che afferra Pietro mentre sta affogando, come in quella notte, quando il discepolo volle imitare il suo Maestro e iniziò baldanzoso a camminare sulle acque del lago, salvo poi sprofondare dalla paura al primo soffio di vento. Sarà per noi nido e riparo, mani calde in cui il freddo potrà solo sfiorarci, ma non assiderarci, così come scrive S.Paolo in 2Cor. 4,8-9 “Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi.” Vasi di creta che possono anche frantumarsi in mille pezzi, ma che custodiscono un tesoro infrangibile ed eterno.
Basta ascoltare la Sua voce e seguirlo.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento su Avvenire
Don Luigi Verdi
La quarta domenica di Pasqua è la festa del Buon Pastore e la pagina del Vangelo di Giovanni ci offre l’ultima parte del discorso di Gesù che presenta sé stesso come il pastore esemplare che dà la vita per i suoi discepoli. «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». Si parla di voce e di ascolto, e quindi si viene a celebrare indirettamente l’importanza del silenzio. Senza silenzio non ci può essere ascolto. Ascoltare non significa infatti semplicemente udire, ma avere quell’interiore attenzione che è propria di colui che vuole aprirsi all’altro.
In una società come la nostra dove ciascuno è aggredito dalla invadenza della chiacchiera e sommerso dal flusso ininterrotto delle immagini pubblicitarie e dal rumore dei social, rimane poco spazio per il silenzio e per l’ascolto in solitudine. Va detto inoltre che il silenzio, se necessario per ascoltare la parola, è ancora più indispensabile per percepire la voce che è sempre prima della parola. La voce è infatti il timbro, la vibrazione, la tonalità della parola.
La voce di cui parla il Vangelo comunica il battito del cuore di Gesù. Come è possibile ascoltarla se si è immersi in un mondo di rumore che obbliga a vivere nella dimensione dell’esteriorità, assenti cioè a sé stessi e agli altri? Gesù dice poi che egli conosce le sue pecore. Il verbo “conoscere” nel linguaggio biblico esprime un rapporto di intimità e condivisione.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento su Famiglia Cristiana
don Gianni Carozza
IV Domenica di Pasqua
Anno C
Letture: Atti degli Apostoli 13,14.43-52; Salmo 99; Apocalisse 7,9.14b-17; Giovanni 10,27-30
Sentirsi in buone mani, sempre. Sentire che nessun vento, nessun uragano, nessuna tempesta potrà strappare le nostre fragili vite dalla vita vera, quella del “per sempre”. Non importa quali paure ci sfioreranno, in quali vortici e mulinelli ci infileremo:
Lui ci sarà sempre, sarà per noi la mano forte che afferra Pietro mentre sta affogando, come in quella notte, quando il discepolo volle imitare il suo Maestro e iniziò baldanzoso a camminare sulle acque del lago, salvo poi sprofondare dalla paura al primo soffio di vento. Sarà per noi nido e riparo, mani calde in cui il freddo potrà solo sfiorarci, ma non assiderarci, così come scrive S.Paolo in 2Cor. 4,8-9 “Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi.” Vasi di creta che possono anche frantumarsi in mille pezzi, ma che custodiscono un tesoro infrangibile ed eterno.
Basta ascoltare la Sua voce e seguirlo.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento su Avvenire
Don Luigi Verdi
La quarta domenica di Pasqua è la festa del Buon Pastore e la pagina del Vangelo di Giovanni ci offre l’ultima parte del discorso di Gesù che presenta sé stesso come il pastore esemplare che dà la vita per i suoi discepoli. «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». Si parla di voce e di ascolto, e quindi si viene a celebrare indirettamente l’importanza del silenzio. Senza silenzio non ci può essere ascolto. Ascoltare non significa infatti semplicemente udire, ma avere quell’interiore attenzione che è propria di colui che vuole aprirsi all’altro.
In una società come la nostra dove ciascuno è aggredito dalla invadenza della chiacchiera e sommerso dal flusso ininterrotto delle immagini pubblicitarie e dal rumore dei social, rimane poco spazio per il silenzio e per l’ascolto in solitudine. Va detto inoltre che il silenzio, se necessario per ascoltare la parola, è ancora più indispensabile per percepire la voce che è sempre prima della parola. La voce è infatti il timbro, la vibrazione, la tonalità della parola.
La voce di cui parla il Vangelo comunica il battito del cuore di Gesù. Come è possibile ascoltarla se si è immersi in un mondo di rumore che obbliga a vivere nella dimensione dell’esteriorità, assenti cioè a sé stessi e agli altri? Gesù dice poi che egli conosce le sue pecore. Il verbo “conoscere” nel linguaggio biblico esprime un rapporto di intimità e condivisione.
Clicca qui per continuare a leggere questo commento su Famiglia Cristiana
don Gianni Carozza