Madagascar, una missione difficile ma realmente ad gentes

La presenza dei missionari della Consolata nell’isolato interno del paese africano è segnata dalla povertà.

«Si tratta di una missione puramente ad gentes: è proprio un luogo fuori dal mondo». È così che padre Stefano Camerlengo, ex superiore generale dei Missionari della Consolata, descrive la presenza della congregazione in Madagascar su Missioni Consolata. L’isola è stata scelta dopo un primo sopralluogo effettuato nel 2016 da una delegazione, che ha incontrato il vescovo della diocesi di Ambanja e visto il possibile luogo della missione. Tre anni dopo sono partiti i primi tre missionari, tutti africani, che hanno iniziato a imparare la lingua, non trovando grosse difficoltà a comprendere la cultura del posto.

Dopo alcune vicissitudini, la missione è stata aperta a Beandrarezona, nel nord del Paese, dove durante la stagione delle piogge, che dura sei mesi l’anno, non si può arrivare nemmeno con l’auto, che tra l’altro è l’unica della zona e non ha vere strade da percorrere. Nella cittadina dove stanno i missionari, poi, la macchina nemmeno riesce a passare tra le case, costruite molto vicine tra loro. Anche le comunicazioni sono difficili, considerando che per usare il cellulare occorre salire su una montagna. D’altronde, la ricchezza del turismo, che si concentra sulle coste, qua non arriva e la popolazione vive in una situazione di povertà estrema.

Anche la missione è povera, viste le entrate limitate. I primi tre missionari hanno vissuto tre anni in una famiglia il cui papà era direttore della scuola. Solo recentemente si è riuscito a costruire una casa e un edificio scolastico. Ma è proprio questo il senso della missio ad gentes: stare con le persone, avere meno potere e condividere. «Il missionario non deve essere il solito straniero potente che risolve tutto», dice p. Stefano, che sottolinea anche come ormai tutto ciò sia una fatica per i giovani e richieda una conversione difficile da portare avanti.

Il Madagascar, però, rispondeva alle inquietudini dei religiosi della Consolata, i primi missionari stranieri in questa terra, per tre motivi. Innanzitutto, oggi tutto è missione e il significato dell’ad gentes, ovvero andare in quei luoghi dove bisogna annunciare il Vangelo per la prima volta, si fa nebuloso. Nell’isola, i cattolici sono una minoranza, pari a circa il sedici percento della popolazione. Poi, questo Paese è un ponte tra Africa e Asia: le origini degli abitanti sono in parte africane e in parte austronesiana (come i popoli di Malaysia e Indonesia). Infine, è stata l’occasione per i missionari africani di realizzare una missione tutta africana.