Superare il peso dei peccati contemplando la croce

La “Maddalena penitente” di Antonio Canova simboleggia un passato che la misericordia divina è capace di rinnovare.

Tra le rare opere di soggetto religioso realizzate da Antonio Canova, il più importante scultore nell’Europa dell’età neoclassica, spicca la Maddalena penitente, giuntaci in due versioni. Quella oggi conservata nel genovese Palazzo Bianco, una delle sedi dei Musei di Strada nuova (l’altra è all’Hermitage di San Pietroburgo), fu commissionata dal veneziano mons. Giuseppe Priuli e terminata nel 1796. L’artista ritrae la donna secondo la leggenda che la vede fare una vita di romitaggio in Provenza per espiare i propri peccati, a seguito dell’incontro con Cristo risorto.

Come si legge su Note di pastorale giovanile, la Maddalena, inginocchiata sulla ruvida roccia con addosso un abito lacero stretto da un cordone come gli eremiti, è presentata ancora avvenente, con una bellezza quieta ma anche sensuale che unisce il suo passato, dalla tradizione erroneamente legato alla prostituzione, e il suo presente. La carne mostrata, resa morbida dal magistrale trattamento del marmo, non è riconducibile al nudo eroico caro agli artisti neoclassici, piuttosto al suo percorso di conversione e penitenza.

A fianco del ginocchio compare un teschio, elemento tipico nelle raffigurazioni dei santi asceti in quanto legato ai concetti di memento mori e vanitas, ovvero alla mortalità dell’essere umano e alla vanità delle cose. Proprio l’isolamento e la sofferenza portano l’eremita a comprendere meglio di altri il passaggio verso la conclusione dell’esistenza terrena. La statua di Canova ci ricorda dunque che la vita va vissuta secondo verità e virtù, in un processo di conversione continua.

Sopra il cranio poggia una croce in bronzo dorato, tenuta in mano e fissata dalla Maddalena. Sant’Agostino diceva: «Per essere guariti dal peccato, guardiamo il Cristo crocifisso» (Tractatus in Iohannis Evangelium, XII,11) e, infatti, lei lo contempla per ricordarsi di essere stata salvata da Lui. Sul suo volto scorrono le lacrime e la bocca è schiusa in una preghiera, un gemito o un sospiro, ma tiene la croce perché le fa sopportare le sofferenze e la avvicina a Gesù. Nella scultura si possono dunque vedere riuniti l’amore e il peccato, la caduta e la redenzione, la debolezza e la forza, estremi in conflitto superabili grazie alla misericordia di Dio.