La vera storia della statua del santuario biellese che affonda le sue radici popolari all’epoca romana in cui visse sant’Eusebio.
La vera storia della statua del santuario biellese che affonda le sue radici popolari all’epoca romana in cui visse sant’Eusebio.
Il 29 agosto 2021, in ritardo di un anno a causa della pandemia, il Santuario di Oropa celebrerà la quinta secolare incoronazione della Madonna, apponendo una nuova corona sulla statua della Madonna Nera con il Bambino Gesù, conservata nell’antico Sacello eusebiano all’interno della Basilica antica. L’edificio sacro, che si trova sulle Alpi piemontesi e fa parte di un complesso monumentale, fu costruito in seguito a un voto della città di Biella fatto durante l’epidemia di peste del 1599. Così, nel 1620 la chiesa fu inaugurata e avvenne la prima solenne incoronazione (tradizione cattolica nata nel XVI secolo in funzione antiprotestante), che si ripete ogni cento anni.
Come si legge su BeWeB, il luogo scelto per la sua edificazione fu quello dove sorgeva la chiesa di Santa Maria della fine del Duecento, la quale conteneva il Sacello eusebiano realizzato nel IX secolo. Secondo la tradizione, è proprio qui che sant’Eusebio, primo vescovo del Piemonte e della diocesi di Vercelli dal 345, portò nel 363 una delle tre statue della Vergine bruna scolpite dall’evangelista Luca che aveva trovato durante il suo esilio in Palestina e in Cappadocia, causato della sua contrarietà alla politica filoariana dell’imperatore Costanzo e revocato da Giuliano.
In realtà, la devozione popolare alla Madonna di Oropa sarebbe nata attorno a un’immagine probabilmente dipinta, sostituita successivamente da una statua fatta scolpire a uno scultore valdostano (che, essendo anonimo, oggi viene chiamato Maestro della Madonna Oropa) in occasione della costruzione della chiesa di Santa Maria consacrata da Aimone di Challant, che potrebbe esserne stato il committente. La statua tardo duecentesca fu realizzata con legno di pino cembro, detto anche cirmolo, e alcuni storici sostengono che in origine non fosse dipinta di nero, ma che l’incarnato bruno derivi da un rimaneggiamento rientrante nel vasto fenomeno delle Madonne Nere ridipinte (in Europa ce ne sono oltre settecentoquaranta, da Loreto a Varese, da Monserrat in Spagna a Częstochowa in Polonia).
L’opera raffigura la Vergine in piedi vestita con un manto blu e un abito d’oro, che assieme ai capelli dorati fanno risaltare il volto scuro e ieratico, nel quale si intravede un dolce sorriso. Ella sorregge con il braccio sinistro il Bambino Gesù, che con una mano benedice e l’altra tiene affettuosamente la colomba della pace. Nella mano destra tiene un pomo d’oro sormontato da una croce e da foglie di pietre preziose, che simboleggiano il peccato originale redento da Cristo. La statua si presenta comunque agli occhi dei pellegrini in modo semplice e diretto, cosa che probabilmente ha contribuito al culto diffuso della Madonna di Oropa.
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