Il messale in lingua friulana è stato bocciato un’altra volta

L’approvazione della traduzione del messale romano in una lingua riconosciuta dallo Stato è ancora stata negata dalla CEI.

Il messale romano in lingua friulana non s’ha ancora da fare. Lo scorso 15 novembre, durante la settantottesima Assemblea generale straordinaria della Conferenza Episcopale Italiana non è stata raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi necessaria per l’approvazione. Dopo il nulla osta per la traduzione dato dalla CEI nel 2014 (a seguito della prima bocciatura di diciannove anni fa) e nonostante la maggioranza assoluta dei membri abbia votato a favore, il cammino intrapreso dalle diocesi di Udine, Gorizia e Concordia-Pordenone non è ancora giunto alla meta. Il cardinale Matteo Zuppi ha assicurato che la CEI terrà aperto il dialogo con il Dicastero per il Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti per portare avanti l’iter.

Ma in Friuli le reazioni sono state decisamente negative. Come si legge su la Vita Cattolica, il direttore dell’Ufficio liturgico dell’arcidiocesi di Udine don Loris Della Pietra ha commentato amaramente: «Si tratta di un brutto momento a livello ecclesiale. Purtroppo l’episcopato non è stato capace di esprimersi a favore di un principio che a livello extra ecclesiale era stato già approvato da tempo […], ovvero che un popolo ha tutto il diritto di adoperare la sua lingua in ogni contesto. Purtroppo i vescovi – per fortuna non tutti i vescovi, ma tanti – questo non lo hanno capito o non lo hanno ritenuto valido. Per cui ci troviamo a questo punto, dopo cinquant’anni di battaglie e tanto lavoro. […] Ci aspettavamo uno sguardo più profetico».

Il friulano è una vera e propria lingua riconosciuta dallo Stato italiano e tutelata costituzionalmente, oltre che mantenuto vivo da una storica Società Filologica, un’agenzia regionale, scuole e università, cartelli bilingui, una produzione letteraria e artistica. Inoltre, come riporta Città Nuova, è già utilizzato come lingua liturgica: nelle messe presso l’Oratorio della Purità accanto alla cattedrale di Udine, per inni e preghiere nelle parrocchie, nelle pubblicazioni delle traduzioni della Bibbia (1997) e dei lezionari domenicali e festivi (2001). Visto che esistono già messali approvati in lingue parlate da minoranze (ad esempio il catalano), lo stop all’ufficializzazione di quello in friulano è apparso dunque ancora più difficile da digerire.

Anche perché la sua storia ha origine negli anni Settanta, con la prima traduzione di pre (don) Checo Placereani e pre Toni Beline a seguito del Concilio Vaticano II. Il percorso di richiesta di approvazione è iniziato una ventina d’anni fa, dopo che la CEI aveva deciso di accogliere la legge del 1999 che tutela le lingue minoritarie. L’aspettativa per il voto della CEI era dunque molta e la delusione è stata altrettanto alta. Per questo, Glesie Furlane, storico gruppo di cristiani friulani tra i tanti che hanno a cuore l’approvazione del messale romano nella loro lingua locale, ha organizzato una messa interamente in friulano per ringraziare ironicamente i vescovi che hanno votato contro l’approvazione, ritenendo che «mentre la “Chiesa di palazzo” continua a negare al popolo friulano un sacrosanto diritto, negando l’autorizzazione al Messâl Roman par furlan, la società civile sembra essere più attenta della gerarchia religiosa». Ma la storia non è ancora conclusa.

Luca Frildini