Dall’Amazzonia al Tibet, diversi progetti permettono alle famiglie di sostenersi economicamente rispettando l’ambiente.
Dall’Amazzonia al Tibet, diversi progetti permettono alle famiglie di sostenersi economicamente rispettando l’ambiente.
Nel pieno dell’Amazzonia brasiliana, nel territorio della città di Acailandia l’ecosistema era gravemente compromesso. Le persone per sostenersi economicamente potevano solo lavorare nelle miniere o nell’industria agricola di questa regione nello stato del Maranhao. Ma grazie all’attività comunitaria coordinata dal missionario laico comboniano Xoàn Carlos Sanchez Couto, agronomo spagnolo, per oltre settanta famiglie c’è oggi un’alternativa più sostenibile, che valorizza le conoscenze tradizionali ispirandosi alla natura e alla Laudato si’.
Il Centro di innovazione rurale e sviluppo agro-ecologico Ciranda, acronimo che è anche il titolo di una canzone che i bambini ballano in cerchio, cura progetti di formazione testando e applicando «forme di produzione che si adattano bene alle dimensioni delle proprietà degli agricoltori familiari, alle loro conoscenze, alla forza lavoro che trovano all’interno delle loro famiglie e all’ambiente di questa regione», si legge su Popoli e Missione. I sistemi tradizionali per coltivare mais, fagioli, manioca e allevare il bestiame sono intrecciati con l’innovazione tecnologica (produzione di biogas, bioedilizia…). Poi, le piante vengono seminate tutte assieme, con un metodo chiamato policoltura che permette a ogni specie di aiutare le altre, mantenendo così un ambiente equilibrato e più protetto da parassiti e insetti.
Dall’altra parte del mondo, nei villaggi rurali del distretto tibetano di Morang, da oltre dieci anni il riso viene coltivato secondo il metodo del missionario padre Henri de Laulaniè, inventato negli anni Ottanta in Madagascar. Qui, il gesuita e agronomo francese ideò un sistema che permette di usare minori quantità d’acqua e fertilizzanti naturali e di migliorare la resa del suolo: piantando, asciugando e ripiantando le piantine di riso c’è un aumento della produzione dal trenta al cinquanta percento. Lui non se lo sarebbe immaginato, ma, grazie a programmi internazionali dell’ente non profit World Neighbours, i contadini di molti Paesi del Sud del mondo mettono in pratica le sue indicazioni.
Srijana Karki, responsabile dell’organizzazione per India e Nepal, ha detto ad AsiaNews: «Il 90% dei nostri beneficiari sono donne, che hanno a disposizione solo piccolissimi appezzamenti di terreno, per cui fin da subito abbiamo dovuto pensare a come massimizzare la produzione». Di solito i loro mariti scendono in città per cercare migliori opportunità di lavoro, ma quelli che vedono il successo dell’iniziativa tornano sulle montagne. Queste scoperte hanno dunque permesso di affrancare intere famiglie dalla dipendenza dalle importazioni di riso e di far rinascere una vita comunitaria legata ai luoghi di appartenenza.
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