In Siria il monastero fondato dal gesuita scomparso porta avanti le proprie attività tra un popolo che soffre e non vede un futuro.
In Siria il monastero fondato dal gesuita scomparso porta avanti le proprie attività tra un popolo che soffre e non vede un futuro.
Nella martoriata Siria, va avanti la vita a Deir Mar Musa el-Habashi, l’antico monastero di San Mosè l’Abissino vicino alla cittadina di Nebek, a nord di Damasco, rifondato nel 1982 dallo scomparso padre Paolo Dall’Oglio, che dal 1991 vi ha creato una comunità ecumenica mista consacrata in particolare al dialogo con l’islam. A giugno è stato infatti eletto dal capitolo generale il nuovo abate, fra’ Jihad Youssef, che è stato tra i rifondatori del luogo e succede a suor Houda Fadoul. La comunità monastica di Ibrahim al-Khalil (Abramo l’Amico di Dio), che è presente anche a Cori in provincia di Latina e a Sulaymaniyah nel Kurdistan iracheno, è oggi formata da otto tra monaci e monache e un novizio.
In un’intervista ad AsiaNews, fra’ Jihad ha raccontato che il popolo siriano soffre perché, in questa guerra che non finisce, è diviso e si sente abbandonato dalla comunità internazionale, che aggrava la situazione con le sanzioni e l’embargo. La fame, la povertà e la mancanza di lavoro sono peggiorate dalla corruzione diffusa e della sfiducia verso le istituzioni, in un clima di sfiducia per un futuro di pace.
Per quanto riguarda le attività del monastero, i monaci non possono ancora praticare l’accoglienza dei pellegrini, uno dei loro pilastri assieme alla preghiera e al lavoro manuale, a causa del Covid-19. Riescono però a continuare un progetto per salvaguardare la biodiversità della loro valle, che riguarda la coltivazione di olivi e un vivaio dove alcuni agronomi sono impegnati in esperimenti e ricerche.
Nella cittadina di Nebek, essi mantengono un asilo e una scuola di musica per ragazzi e, a causa delle conseguenze della guerra, si dedicano a iniziative di aiuto umanitario, ad esempio supportando le famiglie più bisognose nelle spese mediche. Inoltre, assistono gli sfollati di Qarytayn, dove sorgeva il loro monastero di Mar Elian distrutto dagli jihadisti nel 2015, e i poveri nella zona di Homs. Sostengono anche una quarantina di studenti universitari che frequentano corsi in Italia e una trentina in Siria. Non è facile, ma i monaci di Deir Mar Musa stanno provando a portare avanti il carisma del loro fondatore e la loro vita spirituale e comunitaria, con l’obiettivo di allargarsi come la tenda della profezia di Isaia.
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