È la prima volta che il premio viene assegnato a un progetto italiano nella categoria “educazione, formazione e sensibilizzazione”.
È la prima volta che il premio viene assegnato a un progetto italiano nella categoria “educazione, formazione e sensibilizzazione”.
La mostra “L’invenzione del colpevole. Il caso di Simonino da Trento dalla propaganda alla storia”, realizzata dal Museo Diocesano Tridentino, è stata insignita del prestigioso Grand prix 2021 degli Europa Nostra Awards nella categoria “educazione, formazione e sensibilizzazione”, importante riconoscimento a livello europeo nel settore del patrimonio culturale. È la prima volta che in questa sezione il premio viene assegnato a un progetto proposto in Italia. Inoltre, da quando è stato istituito il concorso dalla Commissione Europea nel 2002, solo sei iniziative italiane hanno ottenuto un riconoscimento.
I vincitori di ogni categoria, quattro su ventiquattro candidati provenienti da diciotto paesi europei, sono stati scelti dal consiglio di Europa Nostra su indicazione di una giuria indipendente di esperti. Questa ha apprezzato il grande significato della presentazione del “caso di Simonino” in riferimento a un tema attuale: «Questo è un progetto di grande rilevanza per il mondo contemporaneo, in quanto impiega un metodo per creare un pensiero critico legato ai processi storici e decostruisce un esempio storico di fake news. Il progetto, frutto di una forte collaborazione con molti ricercatori, non è solo una mostra, ma anche un processo che è in corso e continuerà».
Infatti la mostra, tenutasi l’anno scorso, ha fatto luce su un episodio storico che ha segnato profondamente la storia di Trento. Nel 1475 morì il piccolo Simone, che aveva due anni, e subito si affermò l’accusa, del tutto falsa e infondata, che era stato vittima di un omicidio rituale compiuto da tre famiglie ebree, accusate sulla base di un diffuso pregiudizio antiebraico e condannate dopo confessioni ottenute sotto tortura. Simonino venne venerato come un martire, fino al riesame dei documenti giudiziari che portò la Chiesa nel 1965 ad abolirne il culto.
Così, le cappelle a lui dedicate furono chiuse e le opere iconografiche che lo riguardano immagazzinate. Il Museo diocesano le ha volute con coraggio riproporre, assieme al racconto della vera storia del caso, per sensibilizzare il pubblico sul pericoloso riemergere di tendenze razziste e antisemite e per stimolare la riflessione critica sulla costruzione di un altro ostile e sui mali dell’intolleranza, del pregiudizio e della propaganda.
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