Nella disperazione il cristiano vede un barlume di speranza

La conversione del buon ladrone rivela la possibilità di redenzione se si vede la misericordia riflessa sul volto di Cristo in croce.

Accanto alla croce riservata a Gesù sul Golgota, ce ne sono altre due destinate a dei malfattori, forse ladri. Certamente a due condannati a morte. Per la tradizione, i loro nomi sono Disma (dal Vangelo di Nicodemo, apocrifo del IV secolo) e Gesta. Se quest’ultimo, appeso al legno del supplizio, insulta Cristo rimproverandogli di non essere capace di fare il Salvatore, l’altro alla fine riconosce che, a differenza loro, Egli non ha fatto nulla di male, aggiungendo «ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23, 39-43). Un articolo di Nicola Gori su L’Osservatore Romano esplora il significato della scena.

«Disma [è] l’immagine dell’uomo che prende consapevolezza della propria colpa, ammette l’errore e considera giusta la condanna. È l’esatto contrario di Gesta che continua imperterrito nella sua chiusura totale alla verità e si ribella a tutto e a tutti. Non approfitta nemmeno dell’ultimo squarcio della vita per pentirsi. Disma, al contrario, davanti alla morte e, vedendo accanto a sé quell’innocente condannato alla stessa pena, ha come un fremito. Nella disperazione vede un barlume di speranza. Cambia atteggiamento nei confronti di Gesù e comincia a credere che anche per lui ci sia una possibilità di redenzione. Gesta si trincera dietro l’odio, mentre Disma approfitta della misericordia che vede riflessa sul volto di Cristo e si pente.»

Significativa è la frase di sant’Agostino nel De Passione: «Gli apostoli vacillarono nella fede di Gesù Cristo, eppure videro risuscitare i morti! Il buon ladrone lo vede pendente dalla croce, e lo crede Dio». Nonostante la missione di Gesù sembri all’apparenza un totale fallimento, Disma gli crede, perché la croce lo accomuna al Salvatore e comprende che quello che Egli aveva detto ai farisei, ovvero che i pubblicani e le prostitute li avrebbero sorpassati nel regno di Dio, è vero.

«È la conferma che fino all’ultimo istante di vita l’uomo ha la possibilità di ravvedersi, di salvarsi l’anima, di aprirsi alla grazia. […] Luca […] mostra come all’inizio anche Disma si era messo a insultare Gesù come faceva l’altro ladrone. Ma a poco a poco, il suo atteggiamento cambia: è rimasto colpito delle parole di Cristo: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (23, 34). È in quel momento che Disma accoglie la fede e riconosce in Cristo il Figlio di Dio e la sua giustizia. Accetta la sua sofferenza e si rivolge con umiltà a Colui che veramente lo può salvare, non dalla morte corporale, ma da quella eterna.»