La fraternità è un compito che sta sempre davanti a noi e va costruita umanamente giorno dopo giorno.
La fraternità è un compito che sta sempre davanti a noi e va costruita umanamente giorno dopo giorno.
“La fraternità-sororità non è una situazione naturale, ma un compito che sta sempre davanti a noi. Va costruita umanamente giorno dopo giorno perché non è spontanea, sebbene sia inscritta nelle generazioni attraverso la nascita di fratelli o sorelle. Com’è noto, il grido della modernità occidentale è stato «libertà, uguaglianza, fraternità»: ma se la libertà può essere istituita e l’uguaglianza imposta, la fraternità non si stabilisce con una legge, viene da un’esperienza personale di solidarietà e di responsabilità. La fraternità può nascere solo da una decisione personale, sgorga dalla responsabilità del rapporto io-tu, va esercitata e rinnovata perché da essa dipende la vita di ogni essere umano.”
Enzo Bianchi del Monastero di Bose parla della fraternità come un imperativo decisivo per la coscienza cristiana, la cui esemplarità è stata vissuta da Gesù. Egli si è fatto concretamente fratello di coloro che incontrava, giusti e ingiusti, credenti in Dio o pagani, abbattendo le barriere di divisione costruite dagli uomini e spesso da loro attribuite alla volontà di Dio (cfr. Ef 2,14).
“Vi è qualcosa di straordinario nell’annuncio del giudizio finale fatto da Gesù nel vangelo secondo Matteo (cf. Mt 25,31-46) […]. Gesù definisce gli umani che si trovano nel bisogno e nella sofferenza «i miei fratelli, i minimi, i più piccoli», e rivela che ogni atto di relazione con ciascuno di essi decide del rapporto con lui nel Regno: «Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli, i più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Quei fratelli di Gesù non sono i credenti, i cristiani, ma sono le vittime nella storia, i bisognosi che ogni terra e ogni tempo conosce come gli ultimi! È in primo luogo a loro che si riferisce uno splendido detto di Gesù non riportato dai vangeli canonici: «Hai visto tuo fratello? Hai visto Dio».”
Lo stesso Pietro non definisce la chiesa stessa con questo termine (ekklesía: Mt 16,18), ma ricorre a fraternità: «Onorate tutti, amate la fraternità (adelphótes), temete Dio» (1Pt 2,17). Egli invita quindi ad amare la chiesa-comunità-fraternità. Fraternità è dunque la realtà della chiesa generata da Cristo, il primogenito di una moltitudine di fratelli preordinati a essere conformi all’immagine di Cristo (cfr. Rm 8,29).
“Già durante il suo ministero Gesù aveva designato i suoi discepoli come suoi fratelli e sorelle (cf. Mc 3,34-35 e par.), promettendo a quanti lo avevano seguito, attraverso l’abbandono di fratelli e sorelle secondo il sangue, di ricevere il centuplo in fratelli e sorelle già ora, nella sua sequela (cf. Mc 10,29-30 e par). […] Questo legame era talmente sentito che nella chiesa nascente i discepoli si chiamavano tra di loro fratelli e sorelle (cf. At 1,15-16; 15,23; ecc.) e sentivano come comandamento primo quello dell’amore reciproco.”
L’associazione della chiesa alla fraternità è andata però perdendosi dopo il IV secolo e oggi si sente l’urgenza di recuperare un’ecclesiologia della fraternità.
“La chiesa di Dio sparsa nel mondo ha ancora i tratti di una fraternità, cioè di uno spazio in cui siamo tutti fratelli e sorelle, ognuno diverso dall’altro ma tutti uguali in dignità, uguali in forza della vocazione e del battesimo, uguali perché condividiamo ciò che abbiamo, fino a essere una comunione di fratelli e sorelle? La chiesa di Dio è una fraternità in cui tutti sono riconosciuti senza che si alzino muri o barriere per etnia, cultura, condizione economica?”
Questa fraternità cristiana non può essere solo una relazione tra cristiani, ma un legame già dato all’origine di tutta l’umanità, da ricordare sempre come prima responsabilità verso l’altro. Tra il II e III secolo, Tertulliano scriveva: «Noi cristiani siamo fratelli di tutti gli esseri umani, secondo il diritto della natura che è nostra unica madre». E poco più di cinquant’anni fa la costituzione conciliare Gaudium et spes affermava che la chiesa «si rivolge non più soltanto a coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti gli uomini indistintamente […] per offrire all’umanità la cooperazione sincera della chiesa, al fine di conseguire la fraternità universale”.
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