Quello delle quattro suore da poco liberate è l’ultimo di una serie di rapimenti che finiscono spesso con il pagamento di un riscatto o un omicidio.
Quello delle quattro suore da poco liberate è l’ultimo di una serie di rapimenti che finiscono spesso con il pagamento di un riscatto o un omicidio.
Verso la fine di agosto, le quattro suore della congregazione delle Sisters of Jesus the Saviour rapite in Nigeria sono state liberate, come ha annunciato con gioia la segretaria generale suor Zita Ihedoro, che ha ringraziato «tutti gli uomini e le donne di buona volontà, che in un modo o nell’altro hanno contribuito alla liberazione rapida e sicura delle nostre care sorelle». L’Agenzia Fides riporta che erano state catturate pochi giorni prima lungo la strada Obigwe-Umulolo, nello stato di Imo, mentre una domenica stavano andando a partecipare alla messa di ringraziamento di una consorella.
Le aree di Okigwe e di Leru, situate tra gli stati di Imo e Abia, sono state recentemente colpite da crescenti episodi di sequestro, anche conclusi con il rilascio dopo solo qualche giorno, come è capitato a un sacerdote cattolico e un seminarista bloccati da uomini armati lungo una strada. Il vescovo ausiliare di Minna, Luka Sylvester Gopep, ha detto riguardo al rapimento delle quattro religiose: «Purtroppo la situazione nel nostro amato Paese […] non migliora, ma rimaniamo fiduciosi in Dio per il futuro».
Infatti, la situazione della Nigeria, la più grande economia dell’Africa dove all’inizio del prossimo anno ci saranno le elezioni, è alquanto drammatica, visto il dilagare della violenza, dei rapimenti, degli omicidi, degli scontri e degli attacchi. Un mese fa, l’arcivescovo metropolita emerito di Abuja, John Onaiyekan, ha dichiarato che «C’è una grande insicurezza in tutto il Paese, ogni giorno vengono uccise persone, i banditi e i terroristi sembrano avere mano libera. Non sappiamo dove siano le forze di sicurezza». I cristiani, ma soprattutto i musulmani, sono vittime dei crimini perpetrati principalmente dal gruppo estremista Boko Haram, che dal 2009 guida un’insurrezione per trasformare il paese in uno stato islamico, e dai pastori Fulani a maggioranza musulmana, coinvolti nella ribellione.
Mons. Onaiyekan ha aggiunto: «Stanno uccidendo più musulmani che cristiani, il che conferma che questa non è una guerra di musulmani contro cristiani. […] Quando un sacerdote viene ucciso, il mondo intero ne viene a conoscenza. Ma quando si tratta dell’assassinio di cinquanta abitanti di un villaggio dello stato di Katsina, nessuno sa nulla». Nel dramma generale, mons. Gopep ha descritto come avvengono le violenze contro i cristiani: «Nella mia diocesi ci sono sedici parrocchie che sono costantemente soggette a pesanti attacchi da parte di bande di rapitori. I banditi arrivano anche in pieno giorno, catturano intere famiglie, lasciano solo i bambini e portano via gli adulti. Quindi contattano i parenti dei rapiti per chiedere il riscatto. […] Se il riscatto viene pagato i rapiti vengono rilasciati. Ma se non viene pagato nulla, i rapitori uccidono le loro vittime».
Associazione Rete Sicomoro | direttore Enrico Albertini
Via Fusara 8, 37139 Verona | P.IVA e C.F. 03856790237
Telefono 351 7417656 | E-mail info@retesicomoro.it
Privacy policy | © 2024 Rete Sicomoro