Indice Globale della Fame: nel 2020 gli individui in stato di insicurezza alimentare acuta sono arrivati a 155 milioni.
Indice Globale della Fame: nel 2020 gli individui in stato di insicurezza alimentare acuta sono arrivati a 155 milioni.
Nel 2020, la percentuale di popolazione denutrita nel mondo è tornata a salire, dopo anni che stava diminuendo. Secondo il recente rapporto del Cesvi, che cura l’edizione italiana dell’Indice Globale della Fame, uno dei principali indicatori internazionali per la misurazione della fame, sono centocinquantacinque milioni le persone in stato di insicurezza alimentare acuta, quasi venti milioni in più rispetto al 2019. La lotta alla povertà alimentare è andata decisamente fuori strada, segnando una pesante battuta d’arresto. Per la FAO, nel 2030 ci saranno più di seicentocinquanta milioni di individui denutriti, circa trenta milioni in più.
Il circolo vizioso, aggravato dalla pandemia, è soprattutto quello tra fame, conflitti armati e cambiamenti climatici, che si innesta sulle cause profonde come le disuguaglianze e i sistemi alimentari insostenibili. L’indice, che prende in considerazione la denutrizione, il deperimento infantile, l’arresto della crescita infantile e la mortalità dei bambini sotto i cinque anni in centosedici Paesi, rivela che quarantasette di essi sono in una situazione eccezionalmente grave, difficilmente riducibile a bassi livelli entro la fine del decennio.
Nell’Africa subsahariana, il punteggio è di 27,1, indicante fame grave. Qui si registrano i tassi più alti al mondo di denutrizione (passato dal 19,6% del periodo 2014-2016 al 21,8% del periodo 2018-2020), arresto della crescita infantile (ne soffre un terzo dei bambini) e mortalità infantile. In generale, il continente africano è l’unico per il quale si prevede un aumento delle persone denutrite da qui al 2030. Anche l’Asia meridionale ha un indice altissimo, pari a 26,1, dovuto perlopiù dalla malnutrizione infantile.
Lo stato che registra il peggiore livello di fame, giudicato estremamente allarmante, è la Somalia, seguita, con un livello allarmante, da: Ciad, Madagascar, Repubblica Centroafricana, Repubblica Democratica del Congo, Yemen, Burundi, Comore, Siria e Sud Sudan. Non è un caso che otto di questi Paesi siano teatro di guerra. L’anno scorso i conflitti armati attivi, la principale causa del mancato miglioramento delle condizioni alimentari, erano centosessantanove, sempre più numerosi e prolungati.
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