Alcuni testi in greco sui profeti minori vennero depositati in grotte durante le grandi rivolte antiromane del popolo ebraico.
Alcuni testi in greco sui profeti minori vennero depositati in grotte durante le grandi rivolte antiromane del popolo ebraico.
Nel Deserto di Giuda, che si estende tra lo stato di Israele e la Cisgiordania, sono stati trovati venti nuovi piccoli frammenti di rotoli biblici risalenti a duemila anni fa. È da sessant’anni che non veniva fatta una scoperta archeologica di questo tipo così clamorosa. Il merito è della Israel Antiquities Authority, che dal 2017 porta avanti complesse indagini e operazioni di scavo in questi difficili territori. I reperti rinvenuti, principalmente scritti in greco, contengono porzioni dei Dodici o Profeti minori, in particolare Zaccaria e Naum, e vennero depositati in grotte durante le grandi rivolte antiromane del popolo ebraico. Vatican News ha sentito a riguardo Marcello Fidanzio, professore di Ambiente biblico alla Facoltà di Teologia di Lugano e direttore dell’Istituto di Archeologia e Cultura delle Terre Bibliche.
«Nel corso delle due rivolte, alcuni profughi trovarono rifugio nelle grotte perché inseguiti dai romani. Nel caso specifico ci riferiamo a una grotta dal nome drammatico: si chiama Grotta degli Orrori. Qui morirono di fame e sete circa quaranta tra uomini, donne e bambini. In questo luogo, durante la loro fuga avevano portato alcuni dei loro oggetti più preziosi: averi, utensili di vita quotidiana e testi scritti quali documenti e testi biblici.»
La scoperta è importante perché, dopo i rinvenimenti degli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, soprattutto a Qumran e nel Deserto di Giuda, non ve ne sono state di simili in relazione alla Bibbia. I piccoli frammenti testimoniano il tempo in cui il testo biblico non era stabile e unico e rappresentano un momento ancora costitutivo, una tappa che ha condotto alla stesura definitiva del libro sacro (gli studiosi parlano di fluidità testuale). Infatti, è solo in seguito che le Scritture sono state canonizzate e poi tramandate con grandissima fedeltà. In sostanza, questi reperti scritti appartengono all’affascinante periodo storico in cui la Bibbia si stava formando.
Il prof. Fidanzio spiega inoltre che nel testo greco rinvenuto le quattro lettere impronunciabili del nome di Dio sono scritte nel linguaggio paleo-ebraico, quello che si usava all’epoca del Primo Tempio (fino al 586 a.C.). La scelta di scriverlo ricorrendo a un altro alfabeto era finalizzata a indurre il lettore a focalizzare l’attenzione su quei caratteri, che richiedevano così grande rispetto e sacralità. Questa deferenza per il nome di Dio che non si pronunciava era presente anche nei rotoli usati all’epoca di Gesù.
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