Il vicario apostolico di Aysén, mons. Infanti de la Mora, chiede che la proprietà di questo bene primario sia pubblica.
Il vicario apostolico di Aysén, mons. Infanti de la Mora, chiede che la proprietà di questo bene primario sia pubblica.
Lo scorso 25 ottobre, i cileni hanno votato a larghissima maggioranza a favore della promulgazione di una nuova Costituzione, visto che l’attuale risale alla dittatura militare del generale Augusto Pinochet. In vista di questo importante passo istituzionale, il vicario apostolico di Aysén, Luis Infanti de la Mora, ha portato l’attenzione sulla questione dell’acqua, che per lui dovrà assumere un senso sia umano che spirituale.
Come riporta l’Agenzia Fides, mons. Infanti de la Mora è internazionalmente noto per le sue battaglie in cui segnala il problema della distribuzione delle risorse idriche nel suo Paese, tema sul quale aveva anche scritto una lettera pastorale intitolata Dacci oggi l’acqua quotidiana. Infatti, questo bene primario, se in alcuni luoghi abbonda, in altri manca. Per questo, il vicario ha sottolineato che i diritti sull’acqua vanno inseriti nella nuova Costituzione, partendo dalla constatazione che in tutto il mondo la proprietà appartiene allo Stato, mentre la gestione è affidata a società private o miste pubblico-privato, comunità o enti pubblici come i comuni. Ma in Cile l’82% dei proprietari dell’acqua è costituito da società transnazionali. Per questo egli dice:
«C’è e continua il problema! Questa Costituzione del Cile, che concede la proprietà privata dell’acqua a coloro che hanno il potere di acquistarla, ha favorito la privatizzazione della maggior parte dei diritti sull’acqua nel nostro paese da parte di società transnazionali. Nemmeno cilene. […] Volevano cambiare la legge del codice delle acque, redatta nel 1981, e non ci sono stati progressi proprio perché ci sono forti lobby delle aziende forestali, minerarie e agricole; grandi aziende del Paese, che premono perché la situazione attuale non cambi.»
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