La povertà si nasconde, dobbiamo andare a cercarla con coraggio

Omelia di Papa Francesco alla messa nella Giornata mondiale poveri.

La parabola dei talenti (Mt 25,14-30), che racconta il ritorno da un lungo viaggio di un padrone che aveva affidato dei soldi ai suoi tre servi, ci invita a soffermarci su due percorsi: il viaggio di Gesù e il viaggio della nostra vita. Li ha spiegati ieri Papa Francesco, nell’omelia della messa nella settima Giornata mondiale dei poveri, celebrata prima di partecipare al pranzo assieme a dei bisognosi nell’aula Paolo VI in Vaticano.

Come il padrone, Cristo, prima di tornare a Dio dopo la resurrezione, ci ha consegnato preziosi beni, lasciandoci sé stesso nell’eucaristia e la sua Parola di vita e distribuendo i doni dello Spirito Santo, perché noi possiamo continuare la sua opera nel mondo. Questi talenti, da sfruttare quotidianamente nella famiglia, nella società e nella Chiesa, sono elargiti secondo le capacità di ognuno. Ricorda poi il pontefice: «al primo viaggio verso il Padre ne seguirà un altro, che Gesù compirà alla fine dei tempi, quando tornerà nella gloria e ci vorrà incontrare di nuovo, per fare il rendiconto, il rendiconto della storia e introdurci nella gioia della vita eterna. E allora, dobbiamo chiederci: come ci troverà il Signore quando tornerà? Come mi presenterò io all’appuntamento con Lui?».

Pensando al viaggio della nostra vita, il Papa chiede se la strada che percorriamo è quella di Gesù che si è fatto dono oppure quella dell’egoismo. La parabola ci dice che ciascuno di noi ha ricevuto dei talenti, intesi come beni di Dio e non come capacità personali. Di questo grande capitale, che altro non è che l’amore del Signore, cosa facciamo nel corso della nostra esistenza? Moltiplichiamo il dono ricevuto, rischiando come i due servi, oppure non lo mettiamo in gioco, come il terzo servo? «Possiamo moltiplicare quanto abbiamo ricevuto, facendo della vita un’offerta d’amore per gli altri, oppure possiamo vivere bloccati da una falsa immagine di Dio e per paura nascondere sotto terra il tesoro che abbiamo ricevuto, pensando solo a noi stessi, senza appassionarci a niente se non ai nostri comodi e interessi, senza impegnarci».

In un mondo pieno di povertà materiali, culturali e spirituali, Francesco sottolinea che siamo chiamati a diventare dono per gli altri. «Le immagini usate dalla parabola sono molto eloquenti: se non moltiplichiamo l’amore attorno a noi, la vita si spegne nelle tenebre; se non mettiamo in circolo i talenti ricevuti, l’esistenza finisce sottoterra, cioè è come se fossimo già morti». Ma la povertà si nasconde, perché è pudica. Bisogna quindi andarla a cercare con coraggio, mettendo in circolo la carità, condividendo il pane, moltiplicando l’amore. Quando il Signore tornerà ce ne chiederà conto.

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