Come è nata l’enciclica sull’ambiente? L’ha narrato lo stesso pontefice in un discorso di ieri, con qualche aneddoto.
Come è nata l’enciclica sull’ambiente? L’ha narrato lo stesso pontefice in un discorso di ieri, con qualche aneddoto.
«Nel 2007 c’è stata la Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano in Brasile, ad Aparecida. Io ero nel gruppo dei redattori del documento finale, e arrivavano proposte sull’Amazzonia. Io dicevo: “Ma questi brasiliani, come stufano con questa Amazzonia! Cosa c’entra l’Amazzonia con l’evangelizzazione?”. Questo ero io nel 2007. Poi, nel 2015 è uscita la Laudato si’. Io ho avuto un percorso di conversione, di comprensione del problema ecologico. Prima non capivo nulla!»
Papa Francesco ha iniziato così, nel discorso a braccio tenuto ieri a un gruppo di laici che collaborano con la Conferenza Episcopale di Francia sui temi della Laudato si’, il racconto della nascita della sua enciclica sull’ambiente, per dimostrare come tutti debbano impegnarsi per seguire questo cammino di conversione ecologica. Quando iniziò a pensare alla redazione di un testo su questo argomento, egli si rivolse a un’équipe di scienziati e a una di filosofi e teologi per essere accompagnato nelle proprie riflessioni. Ai primi chiese: “Ditemi le cose che sono chiare e che sono provate e non ipotesi, le realtà”; ai secondi: “Io vorrei fare una riflessione su questo. Lavorate voi e dialogate con me”. Così, questi studiosi hanno realizzato un primo lavoro di scrittura delle parti dell’enciclica, sul quale è intervenuto il pontefice, che ne ha curato la redazione finale. A proposito, il Papa ha raccontato un aneddoto:
«Quando sono andato a Strasburgo, all’Unione Europea, il presidente Hollande ha inviato, per ricevermi, il Ministro dell’ambiente […]. La Signora Ségolène Royale mi ha detto questo: “È vero che Lei sta scrivendo qualcosa sull’ecologia? – C’était vrai! – Per favore, la pubblichi prima dell’incontro di Parigi! [la conferenza di Parigi sul clima COP21 del dicembre 2015, n.d.r.]”. Io ho chiamato l’equipe che la stava facendo […] e dissi: “Questo deve uscire prima dell’incontro di Parigi” – “Ma perché?” – “Per fare pressione”. Da Aparecida a Laudato si’ per me è stato un cammino interiore.»
Poi, quando è andato in Amazzonia per il Sinodo, Papa Francesco dice di aver scoperto la saggezza dei popoli indigeni, quella del “buon vivere”, come la chiamano loro, ovvero del vivere in armonia con il creato. Questa saggezza, noi, l’abbiamo persa. Abbiamo perso l’armonia dei tre linguaggi: il linguaggio della testa, ovvero pensare; il linguaggio del cuore, sentire; il linguaggio delle mani, fare. Su questo, il Papa ricorda un altro aneddoto:
«L’altro giorno una persona mi domandava, parlando dell’intelligenza artificiale – noi abbiamo nel Dicastero della Cultura un gruppo di studio di livello molto, molto alto sull’’intelligenza artificiale –: “Ma l’intelligenza artificiale potrà fare tutto?” – “I robot futuri potranno fare tutto, tutto quello che fa una persona. Ma tranne che cosa?”, ho detto io […]. E lui ha riflettuto un po’ e mi ha detto: “Soltanto una cosa non potranno avere: la tenerezza”. E la tenerezza è come la speranza. Come dice Péguy, sono delle virtù umili. Sono delle virtù che accarezzano, che non affermano… E credo […] che, nella nostra conversione ecologica, dobbiamo lavorare su questa ecologia umana; lavorare sulla nostra tenerezza e capacità di accarezzare […], che è una cosa del vivere bene in armonia.»
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