A causa di una pratica accettata che indebita i lavoratori, intere famiglie povere vivono in condizioni disumane.
A causa di una pratica accettata che indebita i lavoratori, intere famiglie povere vivono in condizioni disumane.
Quella delle famiglie intere che diventano sostanzialmente schiave a causa della pratica del peshgi è una delle piaghe del Pakistan. Adulti e anziani, bambini e ragazzi, maschi e femmine si ritrovano intrappolati nelle molte fabbriche di mattoni fatti con l’argilla, che sorgono nelle campagne, dopo che l’operaio riceve un anticipo del salario o un prestito dal datore di lavoro o dai proprietari terrieri per far fronte a una necessità (dalle cure mediche alle nozze di una figlia). Si crea così un debito che, a causa degli interessi, si accumula e produce una dipendenza accettata e legalizzata, che può diventare a vita e persino ricadere sulle generazioni successive. Questo fenomeno contribuisce a rendere il Paese il sesto al mondo per la schiavitù secondo l’indice di Global Slavery, con due milioni e trecentomila moderni schiavi.
Liberare le famiglie cristiane intrappolate in questo meccanismo di oppressione è tra gli impegni di padre Emmanuel Parvez, parroco settantaduenne a Pansara, cittadina nella diocesi di Faisalabad. L’Agenzia Fides ha raccontato la sua esperienza, che si svolge in una parrocchia che include ben quaranta villaggi rurali del Punjab. Il sacerdote si fa prossimo a queste persone che, oppresse dallo sfruttamento e persino segregate, vivono in condizioni disumane e lavorano con turni massacranti per una paga da fame, non sapendo nemmeno a chi rivolgersi per un aiuto. In questa regione, quelle cristiane (le più colpite dal problema assieme agli indù) spesso appartengono alle fasce più povere della popolazione, relegate agli ultimi posti del sistema delle caste ancora vigente.
Nel vasto territorio della sua parrocchia, padre Emmanuel ha individuato oltre ottanta fornaci nelle quali si estrae argilla e si fabbricano mattoni. Qui è venuto a conoscenza delle storie delle famiglie schiavizzate dai padroni e ha pensato a un modo per spezzare questa catena e ridare loro la dignità. Egli si reca dai proprietari per chiedere l’entità del debito contratto e, con perseveranza, ricerca donatori, soprattutto in Europa e negli USA, per mettere insieme la somma necessaria a riscattarlo, solitamente tra i cinquecento e i mille euro a nucleo familiare. Estinto il debito, viene firmato l’atto di liberazione. Le famiglie da lui liberate sono ormai quaranta, dalle quali ha ricevuto un’immensa gratitudine, anche perché il prete costruisce e fornisce loro modeste abitazioni in un piccolo villaggio chiamato Colonia Cristo Re. La sua opera sta dando a molte persone una nuova vita semplice, ma più felice.
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