Non c’è santità senza gioia

Le parole di Papa Francesco per la solennità di Tutti i santi e la commemorazione di Tutti i fedeli defunti.

Nell’angelus di lunedì nella solennità di Tutti i santi, Papa Francesco ha ripreso il messaggio “programmatico” di Gesù, le Beatitudini (Mt 5,1-12a), le quali ci mostrano la strada verso il Regno di Dio e la felicità. Per percorrerla come hanno fatto i santi, occorre una vita fatta di gioia e profezia. Infatti, il percorso della santità non è fatto solo di sforzi e rinunce, ma è prima di tutto la gioiosa scoperta di essere figli amati da Dio. La gioia del cristiano, dunque, non è un’emozione passeggera o un semplice ottimismo, ma il poter affrontare ogni situazione con la forza che proviene da Lui. Poi, con le Beatitudini Gesù rovescia i criteri mondani della felicità (come la ricchezza, il potere, il successo) e si rivolge ai poveri, agli afflitti, agli affamati di giustizia. Ecco quindi la dimensione profetica della santità: la vera pienezza di vita si raggiunge praticando la sua Parola, ovvero svuotando sé stessi per fare spazio a Dio.

«Le Beatitudini, allora, sono la profezia di un’umanità nuova, di un modo nuovo di vivere: farsi piccoli e affidarsi a Dio, invece di emergere sugli altri; essere miti, invece che cercare di imporsi; praticare la misericordia, anziché pensare solo a sé stessi; impegnarsi per la giustizia e la pace, invece che alimentare, anche con la connivenza, ingiustizie e disuguaglianze. La santità è accogliere e mettere in pratica, con l’aiuto di Dio, questa profezia che rivoluziona il mondo. Allora possiamo chiederci: io testimonio la profezia di Gesù? Esprimo lo spirito profetico che ho ricevuto nel Battesimo? O mi adeguo alle comodità della vita e alla mia pigrizia, pensando che tutto vada bene se va bene a me? Porto nel mondo la novità gioiosa della profezia di Gesù o le solite lamentele per quello che non va?»

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Alla messa di commemorazione di Tutti i fedeli defunti celebrata ieri presso il Cimitero militare francese a Roma, il pontefice ha proposto una riflessione su una scritta presente in un piccolo cimitero: «Tu che passi, pensa ai tuoi passi, e dei tuoi passi pensa all’ultimo passo». Questa frase ci indica che la vita è un cammino, durante il quale ci passano davanti tante situazioni difficili come la morte. L’importante, però, è che l’ultimo passo ci trovi comunque in un vero cammino, non in un labirinto senza fine o in una semplice passeggiata. In un cimitero che custodisce tombe di morti in guerra, questo significa anche che dobbiamo chiederci se stiamo sufficientemente lottando perché non ci siano più conflitti armati.

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