Le parole di Papa Francesco per la solennità di Tutti i santi e la commemorazione dei defunti.
Le parole di Papa Francesco per la solennità di Tutti i santi e la commemorazione dei defunti.
«Oggi, festeggiamo tutti i Santi e potremmo avere un’impressione fuorviante: potremmo pensare di celebrare quelle sorelle e quei fratelli che in vita sono stati perfetti, sempre lineari, precisi, anzi “inamidati”. Invece, il Vangelo di oggi smentisce questa visione stereotipata, questa “santità da immaginetta”. Infatti le Beatitudini di Gesù (cfr Mt 5,1-12), che sono la carta d’identità dei santi, mostrano tutto l’opposto: parlano di una vita controcorrente, di una vita rivoluzionaria! I santi sono i veri rivoluzionari».
È con questa visione della santità che Papa Francesco ha aperto l’angelus di martedì nella solennità di Tutti i santi. In particolare, si è soffermato su una beatitudine molto attuale, «Beati gli operatori di pace», che è intesa da Gesù in modo decisamente diverso da come di solito ci si immagina. La pace che si desidera spesso è intesa come stare tranquilli, non avere problemi, ma quello che intende Cristo è lottare per essa con impegno, collaborazione, pazienza. Non piove dall’alto, ma nasce da un «seme» (Zc 8,12) coltivato nel nostro cuore giorno dopo giorno attraverso opere di giustizia e di misericordia, come ci mostrano i testimoni luminosi festeggiati in questa giornata. Il cuore va dunque innanzitutto disarmato, aprendoci a Gesù e al perdono e allontanandoci dai pensieri aggressivi.
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Ieri, nell’omelia della messa in suffragio dei cardinali e vescovi deceduti nel corso dell’anno celebrata nella commemorazione di Tutti i fedeli defunti, il Papa si è soffermato su due parole ascoltate nelle letture del giorno: attesa e sorpresa. La prima esprime il senso della vita, perché viviamo nell’attesa dell’incontro con Dio stando nella sala d’aspetto del mondo per entrare in paradiso. Per alimentare ciò, fa bene chiedersi se i nostri desideri hanno a che fare con il Cielo, perché rischiamo di associarli a cose che passano e di confonderli con i bisogni. Occorre vivere in cammino verso l’Alto, sapendo che le cose di quaggiù non andranno lassù. Poi, è necessario aprirsi alla sorpresa, come quella dei giusti: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?» (Mt 25,37-39).
«Quando mai? Si chiedono sorpresi sia i giusti che gli ingiusti. La risposta è una sola: il quando è adesso, oggi, all’uscita di questa Eucaristia. Adesso, oggi. Sta nelle nostre mani, nelle nostre opere di misericordia: non nelle puntualizzazioni e nelle analisi raffinate, non nelle giustificazioni individuali o sociali. Nelle nostre mani, e noi siamo responsabili. Oggi il Signore ci ricorda che la morte giunge a fare verità sulla vita e rimuove ogni attenuante alla misericordia. […] Il Vangelo spiega come vivere l’attesa: si va incontro a Dio amando perché Egli è amore. E, nel giorno del nostro congedo, la sorpresa sarà lieta se adesso ci lasciamo sorprendere dalla presenza di Dio, che ci aspetta tra i poveri e i feriti del mondo. Non abbiamo paura di questa sorpresa: andiamo avanti nelle cose che il Vangelo ci dice, per essere giudicati giusti alla fine. Dio attende di essere accarezzato non a parole, ma con i fatti».
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