Non dobbiamo scordarci che il Vangelo è il primo a metterci in crisi

Auguri natalizi di Papa Francesco ai membri del Collegio cardinalizio e della Curia romana e ai dipendenti vaticani.

«Davanti al Mistero dell’Incarnazione, accanto al Bambino adagiato in una mangiatoia (cfr Lc 2,16), come pure davanti al Mistero Pasquale, al cospetto dell’uomo crocifisso, troviamo il posto giusto solo se siamo disarmati, umili, essenziali; solo dopo aver realizzato nell’ambiente in cui viviamo […] il programma di vita suggerito da san Paolo: “Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4,31-32).»

Ricordando queste parole del santo di Tarso e quelle di Hannah Arendt “gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per rincominciare”, ieri Papa Francesco ha introdotto il suo discorso ai membri del Collegio cardinalizio e della Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi, fortemente legato all’attuale pandemia sanitaria. Vivere un Natale in una situazione di crisi è un banco di prova e un’occasione per convertirci e recuperare autenticità. Anche la Bibbia è popolata di personaggi in crisi, che però proprio attraverso di essa compiono la storia della salvezza: dalla sfiducia di Mosè – “Signore, manda altri” (Es 4,13) – fino a Gesù, che ha dovuto superare le tentazioni del diavolo nel deserto dove era stato portato dallo Spirito, la solitudine nel Getsemani dopo il tradimento di Giuda e l’abbandono degli apostoli, il sentirsi abbandonato dal Padre sulla croce.

«Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi. […] Ma se troviamo di nuovo il coraggio e l’umiltà di dire ad alta voce che il tempo della crisi è un tempo dello Spirito, allora, anche davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento, non ci sentiremo più schiacciati, ma conserveremo costantemente un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio.»

Il pontefice ricorda che la crisi non è un conflitto. Non ci devono essere vincitori e vinti, non ci si deve difendere dal cambiamento e ostacolare l’opera della Grazia di Dio, ma occorre accogliere la novità che germoglia dal vecchio e lo rende fecondo. Questo riguarda la società come la Chiesa stessa, perché «nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi» (Lc 5,36-38).

«Che cosa fare durante la crisi? Innanzitutto, accettarla come un tempo di grazia donatoci per capire la volontà di Dio su ciascuno di noi e per la Chiesa tutta. […] Fondamentale è non interrompere il dialogo con Dio, anche se è faticoso. Pregare non è facile. Non dobbiamo stancarci di pregare sempre. […] Ognuno di noi, qualunque posto occupi nella Chiesa, si domandi se vuole seguire Gesù con la docilità dei pastori o con l’auto-protezione di Erode, seguirlo nella crisi o difendersi da Lui nel conflitto.»

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Anche negli auguri natalizi ai dipendenti vaticani, Papa Francesco ha chiesto di vivere il Natale sull’esempio dei pastori, i quali, abbandonati l’apatia, il disinteresse e la paura, si sono impegnati a riscoprire la nascita del Figlio di Dio come il più grande avvenimento della storia, contemplare la bontà in Gesù Bambino e annunciare nella vita di tutti i giorni che Cristo è il nostro salvatore. Consci di questi tre atteggiamenti, il Papa ci esorta a essere testimoni di gioia, un sentimento contagioso che fa crescere sé stessi e l’intera comunità.

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