Ieri Papa Francesco ha incontrato i membri del Dicastero per la Comunicazione e l’Unione Cattolica Stampa Italiana.
Ieri Papa Francesco ha incontrato i membri del Dicastero per la Comunicazione e l’Unione Cattolica Stampa Italiana.
“Per la Chiesa la comunicazione è una missione. Nessun investimento è troppo alto per diffondere la Parola di Dio. Allo stesso tempo ogni talento deve essere ben speso, fatto fruttare. Anche su questo si misura la credibilità di quel che diciamo. Inoltre, per rimanere fedeli al dono ricevuto, bisogna avere il coraggio di cambiare, mai sentirsi arrivati, né scoraggiarsi. Occorre sempre rimettersi in gioco, uscire dalle proprie false sicurezze e abbracciare la sfida del futuro. Precorrere i tempi non è spegnere la memoria del passato, è mantenerne vivo il fuoco.”
Nel discorso scritto per i partecipanti all’assemblea plenaria di ieri del Dicastero per la Comunicazione, istituito quattro anni fa accorpando tutte le realtà vaticane che si occupavano di comunicazione, Papa Francesco sottolinea l’importanza per la Chiesa della comunicazione, che deve essere caratterizzata da un principio di partecipazione e condivisione. Infatti, la comunicazione è veramente efficace solo quando diventa testimonianza, cioè una partecipazione della vita che ci viene donata dallo Spirito e ci fa scoprire in comunione gli uni con gli altri.
Nel discorso a braccio (quello scritto è stato solo consegnato), il Papa descrive l’atteggiamento che serve per esprime il desiderio di Dio, ovvero comunicare sé stesso: si comunica dentro di sé per poi comunicare agli altri. Questo non è fare pubblicità, ma prendere dall’Essere di Dio e avere lo stesso atteggiamento, sentendo il bisogno di trasmettere quello che ho io e penso che sia il vero, il buono e il bello. Papa Francesco ha inoltre spiegato ai giornalisti tre caratteristiche della comunicazione.
“Una delle cose che voi non dovete fare, è pubblicità, solo pubblicità. […] In una parola tecnica: non dovete fare proselitismo. Io vorrei che la nostra comunicazione sia cristiana e non un fattore di proselitismo. Non è cristiano, fare proselitismo. […] La nostra comunicazione dev’essere testimonianza. […] Cristiani vuol dire testimoni. […] Un’altra cosa è una certa rassegnazione, che tante volte entra nel cuore dei cristiani. Vediamo il mondo: è un mondo pagano […] E tanti, io li vedo, pensano: «Sì, dobbiamo chiuderci un po’, essere una chiesetta piccola ma autentica» […]. Siamo una Chiesa di pochi, ma come lievito. […] Non è spirito cristiano la lamentela della rassegnazione. […] Siamo pochi? Sì, ma con la voglia di «missionare», di far vedere agli altri chi siamo. Con la testimonianza. […] La terza [cosa]. Siamo caduti nella cultura degli aggettivi e degli avverbi, e abbiamo dimenticato la forza dei sostantivi. […] Questa è una missione del comunicare: comunicare con la realtà, senza edulcorare con gli aggettivi o con gli avverbi. […] Questa cultura dell’aggettivo è entrata nella Chiesa e noi, tutti fratelli, dimentichiamo di essere fratelli per dire che questo è «così» fratello, quello è «nell’altro modo» fratello. […] La bellezza si manifesta dallo stesso sostantivo, senza fragole sulla torta!”
Leggi qui il testo completo del discorso
Sempre ieri, Papa Francesco ha incontrato in Vaticano l’Unione Cattolica Stampa Italiana in occasione del suo sessantesimo anniversario. Ai presenti ha ricordato di essere voce della coscienza di un giornalismo capace di distinguere il bene dal male, le scelte umane da quelle disumane, perché la mescolanza che oggi non distingue va chiarita con coraggio e rispetto.
“Questo significa anche essere liberi di fronte all’audience: parlare con lo stile evangelico […]. La comunicazione ha bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote. E in questo avete una grande responsabilità: le vostre parole raccontano il mondo e lo modellano, i vostri racconti possono generare spazi di libertà o di schiavitù, di responsabilità o di dipendenza dal potere. […] Non abbiate paura di rovesciare l’ordine delle notizie, per dar voce a chi non ce l’ha; di raccontare le buone notizie che generano amicizia sociale: non di raccontare favole, ma buone notizie reali; di costruire comunità di pensiero e di vita capaci di leggere i segni dei tempi.”
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