Lasciamo che Dio metta gli aggettivi alle persone, noi mettiamo l’amore

I discorsi e l’omelia di Papa Francesco nel secondo giorno del viaggio apostolico in Bulgaria.

Lunedì, nel secondo giorno del viaggio apostolico in Bulgaria (leggi qui il racconto della prima giornata), Papa Francesco ha visitato il campo profughi di Vrazhdebna, nella periferia di Sofia, dove sono accolti famiglie da Siria e Iraq e operano i volontari della Caritas. Nel breve saluto, ha sottolineato che oggi il mondo dei migranti e rifugiati è un po’ una croce, una croce dell’umanità, è la croce che tanta gente soffre. Subito dopo, è partito per Rakovsky, dove nella chiesa del Sacro Cuore ha celebrato la messa con le Prime Comunioni, parlando direttamente ai bambini di Gesù nell’omelia.

“Egli […] un giorno ha moltiplicato miracolosamente cinque pani e due pesci, saziando la fame della folla che lo aveva seguito e ascoltato. Vi siete accorti di come è incominciato il miracolo? Dalle mani di un bambino che ha portato quello che aveva: cinque pani e due pesci (cfr Gv 6,9). Allo stesso modo in cui voi oggi aiutate il compiersi del miracolo di far ricordare a tutti noi grandi qui presenti il primo incontro che abbiamo avuto con Gesù nell’Eucaristia e poter ringraziare per quel giorno. Oggi ci permettete di essere nuovamente in festa e celebrare Gesù che è presente nel Pane della Vita. Perché ci sono miracoli che possono accadere solo se abbiamo un cuore come il vostro, capace di condividere, di sognare, di ringraziare, di avere fiducia e di onorare gli altri.”

Leggi qui il testo completo dell’omelia

Dopo il pranzo con i vescovi della Bulgaria nel Convento delle Suore Francescane, Papa Francesco ha incontrato la comunità cattolica nella chiesa di San Michele Arcangelo. Nel suo discorso, ha voluto raccontare la sua esperienza al campo profughi visitato in mattinata, per ribadire che gli uomini di Dio sono quelli che hanno il coraggio di fare il primo passo testimoniando che l’amore vince ogni ostacolo, non restando con le mani in mano alimentando un clima di malessere e fastidio.

“Vedere con gli occhi della fede è l’invito a non passare la vita affibbiando etichette, classificando chi è degno di amore e chi no, ma a cercare di creare le condizioni perché ogni persona possa sentirsi amata, soprattutto quelle che si sentono dimenticate da Dio perché sono dimenticate dai loro fratelli. Fratelli e sorelle, chi ama non perde tempo a piangersi addosso, ma vede sempre qualcosa di concreto che può fare. […] I pessimisti rovinano tutto. Quando io penso al pessimista, mi viene in mente una bella torta: cosa fa il pessimista? Versa aceto sulla torta, rovina tutto. […] Invece l’amore apre le porte, sempre!”

Per fare questo, c’è bisogno degli altri, che ci insegnino a guardare e a sentire come Gesù guarda e sente. Anche il sacerdote, pastore dei fedeli, ha bisogno della sua gente per imparare a essere credente: il popolo di Dio è una comunità viva che sostiene, accompagna, integra e arricchisce.

“Così impariamo ad essere una Chiesa-famiglia-comunità che accoglie, ascolta, accompagna, si preoccupa degli altri rivelando il suo vero volto, che è volto di madre. La Chiesa è madre. Chiesa-madre che vive e fa suoi i problemi dei figli, non offrendo risposte preconfezionate. […] Le mamme non hanno risposte preconfezionate: rispondono con il cuore, con il cuore di madre. Così la Chiesa, questa Chiesa che è fatta da tutti noi, popolo e sacerdoti insieme, vescovi, consacrati, tutti insieme, cerca insieme strade di vita, strade di riconciliazione; cerca di rendere presente il Regno di Dio. Chiesa-famiglia-comunità che prende in mano i nodi della vita, che spesso sono grossi gomitoli, e prima di districarli li fa suoi, li accoglie tra le mani e li ama. Così fa una mamma: quando vede un figlio o una figlia che è annodato in tante difficoltà, non lo condanna: prende quelle difficoltà, quei nodi nelle sue mani, li fa suoi e li risolve.”

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Il discorso si è concluso con una riflessione sull’importanza di tradurre in modo concreto e comprensibile, ma anche audace e coraggioso, alle giovani generazioni l’amore che Dio ha per noi e di ricordare loro le proprie radici, facendoli incontrare con gli anziani. Nel tardo pomeriggio il Papa è tornato a Sofia, dove, in Piazza Nezavisimost, ha presieduto l’incontro per la pace alla presenza degli esponenti delle varie confessioni religiose in Bulgaria, iniziando il suo discorso con un richiamo all’esempio di san Francesco d’Assisi.

“Anche ciascuno di noi, sulle sue orme, è chiamato a diventare un costruttore, un artigiano di pace. Pace che dobbiamo implorare e per la quale dobbiamo lavorare, dono e compito, regalo e sforzo costante e quotidiano per costruire una cultura in cui anche la pace sia un diritto fondamentale. Pace attiva e fortificata contro tutte le forme di egoismo e di indifferenza che ci fanno anteporre gli interessi meschini di alcuni alla dignità inviolabile di ogni persona. La pace esige e chiede che facciamo del dialogo una via, della collaborazione comune la nostra condotta, della conoscenza reciproca il metodo e il criterio per incontrarci in ciò che ci unisce, rispettarci in ciò che ci separa e incoraggiarci a guardare il futuro come spazio di opportunità e di dignità, specialmente per le generazioni che verranno.”

Leggi qui il testo completo del discorso