Il Signore delle sorprese rompe le nostre chiusure paralizzanti restituendoci audacia

I discorsi e l’omelia di Papa Francesco nel primo giorno del viaggio apostolico in Bulgaria.

Questa domenica Papa Francesco ha iniziato il suo viaggio apostolico in Bulgaria, riallacciandolo idealmente a quello compiuto da san Giovanni Paolo II nel 2002. A Sofia, dopo aver incontrato il Primo ministro, il Presidente della Repubblica, le autorità, la società civile e il corpo diplomatico, ha fatto visita al Patriarca Neofit. Così ha salutato lui, i metropoliti e i vescovi del Santo Sinodo:

“Nella gioia del Signore risorto vi rivolgo il saluto pasquale in questa domenica, che nell’Oriente cristiano è chiamata “domenica di San Tommaso”. Contempliamo l’Apostolo che mette la mano nel costato del Signore e, toccate le sue ferite, confessa: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Le ferite che lungo la storia si sono aperte tra noi cristiani sono lacerazioni dolorose inferte al Corpo di Cristo che è la Chiesa. Ancora oggi ne tocchiamo con mano le conseguenze. Ma forse, se mettiamo insieme la mano in queste ferite e confessiamo che Gesù è risorto, e lo proclamiamo nostro Signore e nostro Dio, se nel riconoscere le nostre mancanze ci immergiamo nelle sue ferite d’amore, possiamo ritrovare la gioia del perdono e pregustare il giorno in cui, con l’aiuto di Dio, potremo celebrare allo stesso altare il mistero pasquale.”

Dopo aver sottolineato l’importanza del dialogo, nel nome di un ecumenismo del povero che fa camminare e fare insieme servendo i fratelli dimenticati, il Papa ha ricordato i santi bizantini Cirillo e Metodio, che con il loro ecumenismo della missione hanno portato l’annuncio del Signore tra i popoli slavi. Successivamente, si è recato a pregare in silenzio nella Cattedrale Patriarcale di San Alexander Nevsky proprio davanti al trono dei santi Cirillo e Metodio.

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Nella piazza San Alexander Nevsky, Papa Francesco ha celebrato il Regina Coeli, ricollegandosi all’esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit e ricordando san Giovanni XXIII, chiamato “il santo bulgaro” perché visse in queste terre dal 1925 al 1934, imparando ad apprezzare la tradizione della Chiesa Orientale e instaurando rapporti di amicizia con le altre confessioni religiose.

“Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascuno di voi sono: Lui vive e ti vuole vivo! Lui è in te, Lui è con te e non ti lascia mai. Lui cammina con te. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che continuamente ti chiama, ti aspetta per ricominciare. Lui non ha mai paura di ricominciare: sempre ci dà la mano per rincominciare, per alzarci e rincominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza – la tristezza invecchia –, i rancori, le paure, i dubbi e i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti forza e speranza. Lui vive, ti vuole vivo e cammina con te.”

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Infine, in piazza Knyaz Alexander I si è tenuta la messa celebrata dal Papa, che nell’omelia spiega, rifacendosi all’esempio di Pietro, le tre realtà che segnano la nostra vita di discepoli: Dio chiama, Dio sorprende, Dio ama.

“In Gesù, Dio cerca di dare sempre una possibilità. Fa così anche con noi: ci chiama ogni giorno a rivivere la nostra storia d’amore con Lui, a rifondarci nella novità che è Lui. Tutte le mattine, ci cerca lì dove siamo e ci invita ad alzarci, a risorgere sulla sua Parola, a guardare in alto e credere che siamo fatti per il Cielo, non per la terra; per le altezze della vita, non per le bassezze della morte, e ci invita a non cercare tra i morti Colui che è vivo. Quando lo accogliamo, saliamo più in alto, abbracciamo il nostro futuro più bello non come una possibilità ma come una realtà. Quando è la chiamata di Gesù a orientare la vita, il cuore ringiovanisce.”

“È il Signore delle sorprese che invita non solo a sorprendersi, ma a realizzare cose sorprendenti. Il Signore chiama e, incontrando i discepoli con le reti vuote, propone loro qualcosa di insolito: pescare di giorno, cosa piuttosto strana su quel lago. Ridà loro fiducia mettendoli in movimento e spingendoli di nuovo a rischiare, a non dare nulla e specialmente nessuno per perso. È il Signore della sorpresa che rompe le chiusure paralizzanti restituendo l’audacia capace di superare il sospetto, la sfiducia e il timore che si nasconde dietro il «si è sempre fatto così». Dio sorprende quando chiama e invita a gettare non solo le reti, ma noi stessi al largo nella storia e a guardare la vita, a guardare gli altri e anche noi stessi con i suoi stessi occhi che nel peccato, vede figli da rialzare; nella morte, fratelli da risuscitare; nella desolazione, cuori da consolare.”

“Dio chiama, Dio sorprende perché Dio ama. L’amore è il suo linguaggio. Perciò chiede a Pietro e a noi di sintonizzarsi sulla stessa lingua: «Mi ami?». Pietro accoglie l’invito e, dopo tanto tempo passato con Gesù, capisce che amare vuol dire smettere di stare al centro. Adesso non parte più da sé, ma da Gesù […]. Si riconosce fragile, capisce che non può andare avanti solo con le sue forze. E si fonda sul Signore, sulla forza del suo amore, fino alla fine. […] Dio è amore, un amore che si dona, chiama e sorprende.”

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