Siamo tutti responsabili di fare qualcosa contro le iniquità sociali

Discorso di Papa Francesco al workshop “Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione”.

«Un mondo ricco e un’economia vivace possono e devono porre fine alla povertà. […] Dobbiamo scegliere a che cosa e a chi dare la priorità: se favorire meccanismi socio-economici umanizzanti per tutta la società o, al contrario, fomentare un sistema che finisce col giustificare determinate pratiche che non fanno altro che aumentare il livello d’ingiustizia e di violenza sociale. Il livello di ricchezza e di tecnica accumulato dall’umanità […] non ammettono più scuse. Dobbiamo essere consapevoli che tutti siamo responsabili. Ciò non vuol dire che tutti siamo colpevoli, no; tutti siamo responsabili di fare qualcosa.»

Nel discorso di ieri ai partecipanti al workshop “Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione” organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Papa Francesco parte dalla constatazione che, nonostante il mondo sia ricco, i poveri aumentano. Centinaia di milioni di persone sono ancora immerse nella povertà estrema e non dispongono di cibo, alloggio, assistenza medica, scuole, elettricità, acqua potabile e servizi sanitari adeguati e indispensabili. Ma questi problemi sono risolvibili: serve la volontà di cambiare le cose, perché non siamo condannati all’iniquità universale.

«La globalizzazione dell’indifferenza l’hanno chiamata “inazione”. San Giovanni Paolo II l’ha chiamata: strutture del peccato. Tali strutture trovano un clima propizio alla loro espansione ogni volta che il bene comune viene ridotto o limitato a determinati settori o […] quando l’economia e la finanza diventano fini a sé stesse. È l’idolatria del denaro, la cupidigia e la speculazione. […] La dottrina sociale della Chiesa celebra le forme di governo e le banche […] quando adempiono alla loro finalità, che è, in definitiva, ricercare il bene comune, la giustizia sociale, la pace, come pure lo sviluppo integrale di ogni individuo, di ogni comunità umana e di tutte le persone. Tuttavia la Chiesa avverte che queste istituzioni benefiche, sia pubbliche sia private, possono decadere in strutture di peccato.»

Per il Papa, come esiste una co-irresponsabilità riguardo ai danni provocati all’economia e alla società, esiste anche una co-responsabilità ispiratrice per creare un clima di fraternità e rinnovata fiducia. In questo senso devono essere intese le azioni di banche e finanza: nuove forme di solidarietà per aiutare lo sviluppo dei popoli rimasti indietro e per il livellamento tra i paesi che godono di un avanzato standard di sviluppo e quelli impossibilitati a garantire il minimo necessario ai loro abitanti.

«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti […]. Il tempo presente esige e richiede di passare da una logica insulare e antagonistica come unico meccanismo autorizzato per la soluzione dei conflitti, a un’altra capace di promuovere la interconnessione che favorisce una cultura dell’incontro, dove si rinnovino le basi solide di una nuova architettura finanziaria internazionale. In tale contesto […] quanto è importante ricordare le parole del Vangelo di Luca: “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto” (12, 48).»

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