Dobbiamo far crescere sempre più uno stile di corresponsabilità ecclesiale

Discorso di Papa Francesco all’incontro dei referenti diocesani del cammino sinodale.

Continuare a camminare, fare Chiesa insieme ed essere una Chiesa aperta: sono queste le consegne che Papa Francesco ha dato ieri ai partecipanti all’incontro nazionale dei referenti diocesani del cammino sinodale italiano. Nel suo discorso, ha ricordato come questo percorso sia un’esperienza spirituale unica di conversione e rinnovamento, grazie alla quale si potrà rendere le nostre comunità ecclesiali più missionarie e più preparate all’evangelizzazione nel mondo attuale. Entrando nella fase sapienziale del cammino sinodale, il pontefice ha voluto fornire delle indicazioni sulle priorità per la Chiesa in relazione alla società, su come superare resistenze e preoccupazioni, sul coinvolgimento dei sacerdoti e dei laici e sulle esperienze di emarginazione. Ha chiesto innanzitutto di non fermarsi e continuare a camminare, lasciandosi guidare dallo Spirito e cogliendo i frutti nel rispetto delle domande e delle questioni emerse. Per fare questo servono umiltà, disinteresse e beatitudine, tre tratti che devono caratterizzare il volto della Chiesa e delle comunità cristiane. «Una Chiesa sinodale è tale perché ha viva consapevolezza di camminare nella storia in compagnia del Risorto, preoccupata non di salvaguardare sé stessa e i propri interessi, ma di servire il Vangelo in stile di gratuità e di cura, coltivando la libertà e la creatività proprie di chi testimonia la lieta notizia dell’amore di Dio rimanendo radicato in ciò che è essenziale. Una Chiesa appesantita dalle strutture, dalla burocrazia, dal formalismo faticherà a camminare nella storia, al passo dello Spirito, rimarrà lì e non potrà camminare incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo».

La seconda consegna è fare Chiesa insieme, prosegue il Papa. È sempre in agguato la tentazione di separare alcuni soggetti (vescovi, presbiteri, diaconi…) che portano avanti l’azione pastorale, mentre il resto dei fedeli rimane solamente recettivo delle loro azioni. Ma, in virtù del battesimo, la Chiesa è il popolo di Dio e questa consapevolezza deve far crescere sempre più uno stile di corresponsabilità ecclesiale. Ognuno è chiamato a partecipare attivamente alla vita e alla missione ecclesiali a partire dalla propria vocazione, in relazione con con gli altri carismi donati dallo Spirito per il bene di tutti. Infine, la terza richiesta è di essere una Chiesa aperta, riscoprendo la corresponsabilità e mettendo da parte le logiche mondane di distribuzione dei poteri. Ciò significa coltivare il desiderio di  vedere la ricchezza di tutti nella loro singolarità, anche di coloro che fanno fatica a vedere riconosciuta la loro presenza nella Chiesa. Gesù dice: «Andate agli incroci delle strade e chiamate tutti» (cfr Mt 22,9). «Dovremmo domandarci quanto facciamo spazio e quanto ascoltiamo realmente nelle nostre comunità le voci dei giovani, delle donne, dei poveri, di coloro che sono delusi, di chi nella vita è stato ferito ed è arrabbiato con la Chiesa. Fino a quando la loro presenza resterà una nota sporadica nel complesso della vita ecclesiale, la Chiesa non sarà sinodale, sarà una Chiesa di pochi».

Francesco ammonisce poi che «A volte si ha l’impressione che le comunità religiose, le curie, le parrocchie siano ancora un po’ troppo autoreferenziali. E l’autoreferenzialità è un po’ la teologia dello specchio: guardarsi allo specchio, maquillage, mi pettino bene… È una bella malattia questa, una bella malattia che ha la Chiesa: autoreferenziale, la mia parrocchia, la mia classe, il mio gruppo, la mia associazione… Sembra che si insinui, un po’ nascostamente, una sorta di neoclericalismo di difesa – il clericalismo è una perversione, e il vescovo, il prete clericale è perverso, ma il laico e la laica clericale lo è ancora di più: quando il clericalismo entra nei laici è terribile! –: il neoclericalismo di difesa generato da un atteggiamento timoroso, dalla lamentela per un mondo che “non ci capisce più”, dove “i giovani sono perduti”, dal bisogno di ribadire e far sentire la propria influenza – “ma io farò questo…”. Il Sinodo ci chiama a diventare una Chiesa che cammina con gioia, con umiltà e con creatività dentro questo nostro tempo, nella consapevolezza che siamo tutti vulnerabili e abbiamo bisogno gli uni degli altri». Questo percorso va proseguito con grande fiducia nell’opera che lo Spirito Santo va realizzando, perché è Lui il protagonista del processo sinodale, non noi. La mattina di Pentecoste lo Spirito ha messo disordine tra gli apostoli, conclude il Papa, ma allo stesso tempo ha provocato l’armonia: affidiamoci a Lui.

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