Nelle difficoltà il confessore non faccia domande indiscrete

Discorso di Papa Francesco sul sacramento della confessione ai partecipanti al corso sul Foro interno.

«Andare a confessarsi non è andare in tintoria perché mi tolgano una macchia. No, è un’altra cosa. Pensiamo bene a cos’è. La prima espressione che spiega questo sacramento, questo mistero è: “abbandonarsi all’Amore”; la seconda: “lasciarsi trasformare dall’Amore”; e la terza: “corrispondere all’Amore”. Ma sempre l’Amore: se non c’è Amore nel sacramento, non è come Gesù lo vuole. Se c’è funzionalità, non è come Gesù lo vuole.»

Nel discorso rivolto ai partecipanti al corso sul Foro interno promosso ieri dalla Penitenzieria apostolica, Papa Francesco ha introdotto così la sua spiegazione del senso del sacramento della Riconciliazione attraverso tre espressioni. La prima, abbandonarsi all’Amore, significa compiere un vero atto di fede. Siccome la fede non può essere ridotta a un elenco di concetti o a una serie di affermazioni a cui credere, va espressa dentro una relazione, quella tra Dio e l’uomo e tra l’uomo e Dio: è l’abbandono tra le braccia dell’Amore misericordioso di Dio. Questo è il primo passo per una buona confessione e ogni confessore dev’essere capace di stupirsene.

La seconda dimensione presentata dal Papa è lasciarsi trasformare dall’Amore. Non sono le leggi a cambiarci e a salvarci, ma l’Amore percepito e gratuitamente offerto. Nel colloquio sacramentale, il penitente che incontra un raggio di questo Amore accogliente si lascia trasformare dalla sua Grazia. Il buon confessore è quindi chiamato a scorgere il miracolo di questo cambiamento e a favorire l’azione trasformante. Infine, c’è l’ultima espressione: corrispondere all’Amore, quello ricevuto. Questa corrispondenza si manifesta nel cambiamento della propria vita e nelle opere di misericordia verso il fratello. È l’amore per il fratello il luogo della corrispondenza reale all’Amore di Dio e ciò il buon confessore lo deve ricordare sempre come palestra quotidiana nella quale allenare l’amore per il Signore. Il pontefice conclude così il suo discorso:

«Ricordiamo sempre che ciascuno di noi è un peccatore perdonato – se uno di noi non si sente così, […] meglio che non faccia il confessore […]. E qui vorrei soffermarmi per sottolineare l’atteggiamento religioso che nasce da questa coscienza […]. Accogliere in pace, accogliere con paternità. Ognuno saprà come è l’espressione della paternità: il sorriso, gli occhi in pace… Accogliere offrendo tranquillità, e poi lasciar parlare. A volte, il confessore si accorge che c’è una certa difficoltà ad andare avanti con un peccato, ma se lo capisce, non faccia domande indiscrete. […] Non dare più dolore, più “tortura” in questo. […] Essere misericordioso non significa essere di manica larga, no. Significa essere fratello, padre, consolatore.»

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