Discorso e omelia di Papa Francesco per la Giornata mondiale dei poveri.
Discorso e omelia di Papa Francesco per la Giornata mondiale dei poveri.
«È tempo […] che ai poveri sia restituita la parola, perché per troppo tempo le loro richieste sono rimaste inascoltate. È tempo che si aprano gli occhi per vedere lo stato di disuguaglianza in cui tante famiglie vivono. È tempo di rimboccarsi le maniche per restituire dignità creando posti di lavoro. È tempo che si torni a scandalizzarsi davanti alla realtà di bambini affamati, ridotti in schiavitù, sballottati dalle acque in preda al naufragio, vittime innocenti di ogni sorta di violenza. È tempo che cessino le violenze sulle donne e queste siano rispettate e non trattate come merce di scambio. È tempo che si spezzi il cerchio dell’indifferenza per ritornare a scoprire la bellezza dell’incontro e del dialogo. È tempo di incontrarsi.»
Lo ha detto Papa Francesco all’incontro di preghiere e testimonianze tenutosi venerdì presso la basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, in vista della quinta Giornata mondiale dei poveri. Poco dopo l’inizio del suo discorso, ha ricordato alcuni momenti dell’esistenza terrena di Francesco per dimostrare come la sua santità, che ci sembra impossibile da imitare, derivi da una semplicità di cuore e di vita. Il santo pregava alla Porziuncola per ascoltare il Signore e qui ha accolto santa Chiara, i primi frati e tanti poveri. Non solo con la condivisione, ma anche con l’ascolto ha praticato il vero senso dell’accoglienza, quella che genera fraternità e senso di comunità soprattutto con coloro che vengono emarginati.
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Ieri, Giornata mondiale dei poveri, il pontefice ha celebrato la messa alla basilica di San Pietro e nell’omelia si è concentrato su due aspetti: i dolori di oggi e la speranza di domani. Tra violenze, sofferenze e ingiustizie, il primo colpisce di più i poveri, gli anelli fragili della catena, che sono in attesa di una liberazione che sembra non arrivare mai. Per questo non dobbiamo voltarci dall’altra parte o avere paura di guardare da vicino la sofferenza dei più deboli. Dall’altra parte c’è la speranza per un futuro di salvezza, che non è solo una promessa dell’aldilà, ma cresce già dentro la nostra storia ferita. Come diceva don Tonino Bello: «Non possiamo limitarci a sperare, dobbiamo organizzare la speranza». I cristiani devono quindi nutrire la speranza di domani risanando il dolore di oggi. Papa Francesco ha infine detto:
«C’è un’immagine della speranza che Gesù ci offre oggi. È semplice e indicativa al tempo stesso: è l’immagine delle foglie dell’albero di fico, che spuntano senza far rumore, segnalando che l’estate è vicina. E queste foglie appaiono, sottolinea Gesù, quando il ramo diventa tenero (cfr Mc 13,28). Fratelli, sorelle, ecco la parola che fa germogliare la speranza nel mondo e solleva il dolore dei poveri: la tenerezza. […] Come le foglie dell’albero, siamo chiamati ad assorbire l’inquinamento che ci circonda e a trasformarlo in bene: non serve parlare dei problemi, polemizzare, scandalizzarci – questo lo sappiamo fare tutti –; serve imitare le foglie, che senza dare nell’occhio ogni giorno trasformano l’aria sporca in aria pulita.»
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