Nuova intervista a Papa Francesco sulla crisi mondiale causata dalla pandemia di coronavirus.
Nuova intervista a Papa Francesco sulla crisi mondiale causata dalla pandemia di coronavirus.
Ieri è stata pubblicata una nuova intervista a Papa Francesco, che ha risposto alle domande dello scrittore e giornalista britannico Austen Ivereigh in merito alla crisi mondiale causata dalla pandemia di coronavirus. La traduzione in italiano è stata resa disponibile da La Civiltà Cattolica. Alla prima domanda su come stia vivendo l’isolamento da un punto di vista spirituale, il Papa ha detto che prega di più anche pensando alla gente, che lo sottrae all’egoismo, e pensa a come dovrà essere il suo servizio nella Chiesa dopo che passerà questo momento di incertezza. Poi, l’intervistatore gli ha chiesto come vedesse la missione della Chiesa nell’attuale contesto segnato dal nuovo coronavirus.
«La creatività del cristiano deve manifestarsi nell’aprire orizzonti nuovi, nell’aprire finestre, nell’aprire trascendenza verso Dio e verso gli uomini, e deve ridimensionarsi in casa. […] Preparatevi a tempi migliori, perché in quel momento questo ci aiuterà ricordare le cose che sono successe ora. Abbiate cura di voi per un futuro che verrà. E quando questo futuro verrà, vi farà bene ricordare ciò che è accaduto. Avere cura dell’ora, ma per il domani. Tutto questo con creatività. Una creatività semplice, che tutti i giorni inventa qualcosa. In famiglia non è difficile scoprirla. Ma non bisogna fuggire, cercare evasioni alienanti, che in questo momento non sono utili.»
Con la terza domanda il discorso si è spostato sulle misure decise dai Governi, come la quarantena di massa, che ha sacrificato l’economia a beneficio dei più vulnerabili, ma allo stesso tempo ha evidenziato i problemi di esclusione sociale. Papa Francesco ha sottolineato come questa pandemia abbia messo in luce che la nostra società è strutturata attorno all’economia e la politica attorno alla cultura dello scarto. Nel quesito successivo, l’intervistatore ha quindi chiesto al pontefice se in questa crisi si potesse scorgere un’opportunità di conversione sociale, economica ed ecologica.
«Oggi, in Europa, quando si cominciano a sentire discorsi populisti o decisioni politiche di tipo selettivo non è difficile ricordare i discorsi di Hitler nel 1933, più o meno gli stessi che qualche politico fa oggi. […] Mi preoccupa l’ipocrisia di certi personaggi politici che dicono di voler affrontare la crisi, che parlano della fame nel mondo, e mentre ne parlano fabbricano armi. È il momento di convertirci da quest’ipocrisia all’opera. […] Oggi credo che dobbiamo rallentare un determinato ritmo di consumo e di produzione (Laudato si’, 191) e imparare a comprendere e a contemplare la natura. E a riconnetterci con il nostro ambiente reale. Questa è un’opportunità di conversione. Sì, vedo segni iniziali di conversione a un’economia meno liquida, più umana. Ma non dovremo perdere la memoria una volta passata la situazione presente, non dovremo archiviarla e tornare al punto di prima. È il momento di fare il passo.»
La penultima domanda riguarda la necessità di ripensare il modo di essere della Chiesa. Papa Francesco ha risposto dicendo che la Chiesa deve uscire da questa crisi come una tensione tra disordine e armonia. Lo Spirito Santo, infatti, provoca disordine con i carismi, ma in quel disordine crea armonia. Infine, l’ultimo pensiero è rivolto agli anziani isolati e ai giovani rinchiusi.
«Quanti anziani hanno figli che non vanno a trovarli nei tempi normali! […] E ciò nonostante gli anziani continuano a essere le radici. E devono parlare con i giovani. Questa tensione tra vecchi e giovani deve sempre risolversi nell’incontro. Perché il giovane è germoglio, fogliame, ma ha bisogno della radice; altrimenti non può dare frutto. […] Che ho da dire ai giovani? Abbiate il coraggio di guardare più avanti e siate profeti. Al sogno degli anziani faccia riscontro la vostra profezia. […] È questo che tutti noi dobbiamo fare oggi: prendere le radici delle nostre tradizioni e salire sui monti.»
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