Messaggio di Papa Francesco per la Giornata di preghiera per le vocazioni.
Messaggio di Papa Francesco per la Giornata di preghiera per le vocazioni.
«San Giuseppe non strabiliava, non era dotato di carismi particolari, non appariva speciale agli occhi di chi lo incontrava. […] Eppure, attraverso la sua vita ordinaria, ha realizzato qualcosa di straordinario agli occhi di Dio. Dio vede il cuore e in San Giuseppe ha riconosciuto un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità. A questo tendono le vocazioni: a generare e rigenerare vite ogni giorno. Il Signore desidera plasmare cuori di padri, cuori di madri: cuori aperti, capaci di grandi slanci, generosi nel donarsi, compassionevoli nel consolare le angosce e saldi per rafforzare le speranze.»
Nel messaggio per la 58a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, Papa Francesco ricorda che lo scorso 8 dicembre è iniziato l’anno speciale dedicato a san Giuseppe, in occasione del 150° anniversario della sua dichiarazione quale patrono della Chiesa universale. Per questo, suggerisce tre parole-chiave legate al santo per la vocazione di ciascuno: sogno, servizio, fedeltà. La prima riguarda le attese e le aspettative che giustamente ognuno ha per la sua vita. Non devono essere traguardi effimeri come il successo, il denaro e il divertimento, ma ciò che dà senso alla nostra esistenza, l’amore, perché si possiede davvero solo se si dona pienamente. Proprio san Giuseppe, attraverso i sogni che Dio gli ha ispirato, ha fatto della sua esistenza un dono.
«I Vangeli narrano quattro sogni (cfr Mt 1,20; 2,13.19.22). […] Dopo ciascun sogno Giuseppe dovette cambiare i suoi piani e mettersi in gioco, sacrificando i propri progetti per assecondare quelli misteriosi di Dio. […] Al suo vigile “orecchio interiore” bastava un piccolo cenno per riconoscerne la voce. Ciò vale anche per le nostre chiamate: Dio non ama rivelarsi in modo spettacolare, forzando la nostra libertà. Egli ci trasmette i suoi progetti con mitezza; non ci folgora con visioni splendenti, ma si rivolge con delicatezza alla nostra interiorità, facendosi intimo a noi e parlandoci attraverso i nostri pensieri e i nostri sentimenti.»
La seconda parola individuata dal pontefice, servizio, riguarda la volontà di san Giuseppe di vivere in tutto per gli altri e mai per sé stesso. Chiamato castissimo sposo, ebbe la capacità di amare senza trattenere nulla per sé. Questi sacrifici furono possibili solo perché sostenuti da un amore più grande, scaturito dal totale dono di sé. Il servizio divenne per lui regola di vita quotidiana, adattandosi alle varie circostanze senza perdersi d’animo anche se la vita non stava andando come voleva. Il suo spirito non può che essere modello per tutte le vocazioni.
Infine, c’è la fedeltà. San Giuseppe, nel silenzio operoso di ogni giorno, persevera nell’adesione ai piani di Dio. Solo così la vocazione, come la vita, può maturare. Per poter alimentare questa dedizione, occorre non aver paura, perché il Signore è fedele alle sue promesse. «Non temere» (Mt 1,20) sono le parole che Dio rivolge anche a ognuno di noi, le quali danno forza anche in mezzo alle incertezze e alle incomprensioni. Questa fedeltà è il segreto della gioia.
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